Parrocchia San Vincenzo de Paoli - Milano

NUOVE RISORSE PER UNA SOCIETÀ CHE CAMBIA

2016 Incontri Nonni e Società Riflessioni

Un’analisi prospettica della società italiana la cui struttura demografica sta velocemente cambiando e nella quale la componente “senior” sta assumendo la caratteristica di risorsa da rivalutare.

Teatro della Parrocchia di San Vincenzo de Paoli – via Pisacane 32 – 20129 Milano

Nonni e società

Nuove risorse per la società che cambia

Dott. Ronza

Nella situazione della nostra società la condizione degli anziani è cambiata: i nostri 70 anni non sono quelli dei nostri padri, perché dopo la pensione c’è ancora un ampio tempo, dai  quindici ai vent’anni, di possibile attività. E’ certamente qualcosa che bisogna cominciare a considerare come una risorsa, è la base sulla quale abbiamo chiesto una riflessione a due esperti: il professor Emilio Colombo e il Professor Giancarlo Blangiardo.

<strong>Prof. Colombo</strong>

Io ho pensato a quello che fanno i nonni e ho pensato di quantificarlo, per poi dare ad esso un valore valore monetario. Non è facile, però ci sono degli strumenti che permettono di farlo. Il dott. Ronza diceva che i nonni non sono un peso ma sono una risorsa, assolutamente sì, si può dire che ci sono due lati della stessa medaglia. Uno è l’aspetto del costo dell’invecchiamento della popolazione, va tenuto in considerazione perché è legato soprattutto alla condizione del nostro paese. L’altro lato  è che, per come è strutturata la realtà italiana, il beneficio dei nonni e il ruolo che essi svolgono compensa il possibile costo e anche ci permette di capire buona parte delle nostre dinamiche sociali. I dati che ho usato provengono dalle indagini Istat “Aspetti della vita quotidiana, famiglia e soggetti sociali”. In Italia ci sono circa 12,5 milioni di nonni, di questi l’11% lavora, il 20% è in cerca di occupazione, il 67% non è attivo. La fonte di reddito è,  per il 70% degli anziani , la  pensione, per il 15%  ci sono redditi diversi, un 15% è mantenuto da altri familiari. Per il 67% sono coniugati, per il 27% vedovi e per il rimanente 6% separati o divorziati. Questa indagine è del 2009. Ho detto che abbiamo due aspetti da guardare: da una parte ci sono i costi, dall’altra i possibili benefici. Guardiamo i costi: in primo luogo sono quelli legati all’invecchiamento della popolazione per fare i conti si possono usare modi diversi, io ho usato l’approccio più generale: se voi prendete il bilancio del nostro Stato di fatto già testimonia un enorme trasferimento intergenerazionale, infatti abbiamo il 16% del Pil per le pensioni; esse, per come sono fatte, costituiscono proprio un trasferimento intergenerazionale, infatti sono pagate dai versamenti dei giovani  Cioè l’Inps non ha messo da parte il fondo  per me Emilio Colombo, quando io andrò in pensione c’è qualcuno che pagherà la mia pensione. Vuol dire che  nessuno mette via niente, a loro volta, quando i giovani diventeranno vecchi, ci sarà qualcuno che pagherà per loro; quindi si tratta di un vero e proprio trasferimento generazionale. C’è poi un 5% di interessi sul debito, anche questo è un trasferimento generazionale perché il debito è il debito fatto dai padri sulle spalle dei figli. Ho inserito anche la spesa sanitaria, è un aspetto del welfare ed è una spesa rilevante a causa dell’invecchiamento della popolazione

Se noi consideriamo che in Italia la spesa pubblica ammonta al 50% del Pil, significa che più del 60% di quanto spendiamo è destinato alle generazioni più vecchie e  grava sulle spalle di quelli più giovani. Da questo punto di vista l’invecchiamento della popolazione è evidentemente costoso. Va detto, tra l’altro, che  la distribuzione del reddito tra i pensionati è fortemente disuguale: circa il 40% dei pensionati percepisce una pensione inferiore a €1.000 mensili, poi  le donne hanno una pensione sensibilmente inferiore agli uomini. Ancora: nel meridione la pensione media è il 20% più bassa che al Nord. Il livello di istruzione fa una notevole differenza per la pensione media, in particolare nella generazione dei pensionati attuali: se il pensionato possiede un titolo di studio pari alla laurea, il suo reddito lordo pensionistico di  circa €2.500 al mese è più che doppio di quello delle persone senza titolo di studio o con la licenza elementare. Il dato del 40%  dei pensionati con meno di €1000 al mese ci dice che i pensionati sono sì un grosso fardello, ma non è che stiano particolarmente bene

Esaminando l’altro aspetto del trasferimento generazionale, esso è documentabile  da un  punto di vista anedottico e proveremo a quantificarlo, perché riflette un aspetto interessante della società italiana: la famiglia, anche se in crisi, ha tenuto, il che significa tante cose, tra cui appunto il fatto  che, se  le generazioni più anziane hanno beneficiato di un grande trasferimento generazionale, al tempo stesso queste stesse  generazioni ridistribuiscono a favore delle generazioni più giovani. E’ come un sistema di welfare parallelo, cioè la famiglia svolge un ruolo di sistema di welfare complementare. Io ho girato molto all’estero per lavoro e ho molti colleghi che viaggiano in altri paesi, io come loro non  ho mai visto una società come quella italiana dove i genitori aiutano così tanto i figli; banalmente pensiamo a quanti di noi sono stati aiutati nell’acquisto della casa nelle forme più varie, è una cosa che non esiste né in Inghilterra né in America né in Germania, ed  è una delle cose che consente di fare quel trasferimento intergenerazionale opposto. In assenza di tale doppio trasferimento si rischierebbe un conflitto

Questa ridistribuzione da parte degli anziani ha un aspetto che non ha eguali e può essere quantificato in tanti modi; io ho fatto una cosa un po’ rozza con i dati che ci sono nell’indagine ISTAT. Qui ci sono queste due domande, una domanda chiede con quale frequenza i nonni vedano i nipoti  e quasi il 40% vede i nipoti tutti i giorni , il 28% qualche volta la settimana. Poi c’è una domanda specifica riguardante la quantificazione di chi si prende cura dei nipoti, intendendo con nipoti i bambini da 0 a 13 anni. La risposta è data con numeri e non  con delle percentuali: ci sono due milioni e 180.000 nonni che si prendono cura dei nipoti mentre i genitori lavorano, più di 11.000 che si prendono cura dei nipoti in circostanze occasionali, poi ci sono dati riguardanti il numero di nonni che intervengono nei casi di uscite serali dei genitori ecc. Ho usato questi numeri come base per quantificare il ruolo dei nonni, ho fatto una operazione di questo tipo: ho preso i nonni che dicono di prendersi cura dei nipoti quando i genitori lavorano, ho calcolato che siano impegnati per 230 giorni all’anno e ho calcolato il numero delle ore, 4 al giorno, ipotizzando che facciano un part-time. Ho poi attribuito un costo orario di 6, 5 euro, che è il costo di una colf, questo per avere un minimo di riferimento .Questi nonni che lavorano tutti i giorni danno un contributo alla società che è di 13 miliardi e più, poi ho preso in considerazione quelli che si occupano occasionalmente, ho calcolato  due ore per circa 45 giorni il tutto per un miliardo 200 milioni, poi ho calcolato quelli che subentrano per le uscite serali  e ho calcolato 2 ore per 50 giorni è venuto fuori 591 milioni di euro. Per chi subentra nei  giorni di vacanza ho calcolato 4 ore per 20 giorni, il  tutto per 451 milioni di euro ,poi ho calcolato la situazione  quando il nipote è malato: 4 ore per 10 giorni, risultato 237 milioni di euro, poi per le situazioni di emergenza ho calcolato 2 ore per 5 giorni e sono arrivato a 103 milioni di euro. Il totale di tutto questo conto è di 15 miliardi 660 milioni circa di euro poi ho pensato alla possibilità che i nonni vengano in due, invece da soli se sono vedovi quindi ho moltiplicato quei 15 miliardi per 0,65. Questo giochetto dà la cifra di  10 miliardi di euro. Come vedete è  un aspetto solo che ho calcolato, non sto dicendo che il ruolo dei nonni sia solo quello di fare la baby sitter però, se si occupano dei bambini mentre i genitori sono al lavoro, ricoprono il ruolo che svolge un asilo nido. Si tratta di un valore economico nascosto, se volessimo mettere questo valore nel prodotto interno lordo, il Pil aumenterebbe. Nel lavoro dell’ISTAT c’è poi un’altra domanda che chiede la frequenza con cui i nonni si prendono cura dei nipoti quando non vanno a scuola. Alcuni hanno riposto tutti i giorni, altri qualche volta alla settimana,  qui arriviamo a una cifra di 4 miliardi e due milioni; si può sommare questa cifra all’altra.

<strong>Prof. Blangiardo</strong>

Ora io cerco di sensibilizzarvi su come si collochi il popolo dei nonni in una società che sta decisamente cambiando dal punto di vista demografico, in maniera imprevista e, aggiungerei, preoccupante. Parto dicendo quello che sta succedendo, poi vediamo come valorizzare la componente anziana che è sempre più crescente in questa società che si evolve. Inizio con  delle riflessioni sull’anno scorso . Il 2015 è stato un anno ricco di nuovi e non sempre invidiabili primati, è stato l’anno dei record dal punto di vista demografico ,eppure era un anno normale: nonostante la crisi non c’erano gravi contraccolpi, non c’era la guerra. Cosa è successo? Anzitutto vediamo le nascite: ci sono state meno di 600.000 nascite, cosa mai successa, anche nei periodi in cui c’era la guerra e la gente era in trincea. Secondo record: più morti che nati: se guardiamo il saldo naturale, cioè la differenza tra vivi e morti, vediamo nel grafico che i nati scendono e i morti salgono. La differenza è una cifra di circa 160 mila unità. Abbiamo quindi un paese dove ci sono 165000 morti in più dei nati, l’anno prima erano 95.000, cioè di botto c’è stato un grande aumento cioè una cifra raddoppiata: da un lato ci sono le nascite diminuite, dall’altro i morti aumentati. Un aumento di morti si era registrato solo nel 43 e possiamo capire perché, poi nel 18-19 e  anche qui possiamo capire perché. Cosa è successo di strano? Non è facile rispondere, forse  le vaccinazioni non fatte perché la gente aveva avuto dei problemi nelle vaccinazioni precedenti, forse l’invecchiamento della popolazione, anche  un inverno più rigido è causa possibile, teniamo presente che  l’aumento dei morti  è concentrato su persone che viaggiano tra i 75 e 95 anni. Vorrei aggiungere anche un’altra possibile causa riguardante il sistema sanitario, non è bello dirlo e non è politicamente corretto, ma  tra un taglia oggi e un taglia domani tra un “dire faccia la visita ma non subito”, molti hanno trascurato le cure anche perché  non avevano  i soldi per pagarle. E così  i più deboli  e i più poveretti hanno pagato le conseguenze. Nello stesso tempo non siamo più quel paese che accoglie le grandi migrazioni anzi siamo un paese che manda via i propri giovani e sono una quantità industriale che se n’è andata via! Tra l’altro è una quantità  dotata di una certa formazione per cui si tratta di persone sulle quali noi abbiamo investito, forniti  di laurea e master che  poi vanno a rendere in paesi che sono nostri concorrenti. Così non c’è più un saldo migratorio che compensa il saldo negativo come avveniva una volta. Eccoci all’altro record: la popolazione diminuisce di 150.000 quadri, non era mai successo se non nel ’18-19 !!!! Ora chi si dovrebbe occupare delle sorti del popolo italiano non sembra molto interessato a questa questione, a me invece sembra una questione assolutamente rilevante. Essa ha una origine lontana, non è avvenuta improvvisamente nel 2015: l’Italia è da tempo un paese incapace di garantire il  ricambio generazionale, costituito da due figli in media per coppia. Questo  parte dal lontano 1977, se vediamo la tabella con la situazione del numero medio di figli per donna dal 2004 al 2015 , siamo a 1,3 -1,4 figli per coppia. Siamo da 35 anni sotto i due, abbiamo anche fatto finta come gli struzzi, di pensare che i figli degli immigrati possano compensare, ma gli stranieri, che non hanno i nonni, imparano a difendersi dalle difficoltà dell’essere madri o padri e quindi se vediamo il numero medio dei figli per donna nella popolazione straniera tra il  2008 e il 2014, vediamo che l’ISTAT stima che nel 2015 ci sia  una discesa ulteriore  che arriva a 1,93 figli per donna .Dunque anche gli stranieri viaggiano al di sotto dei 2 figli per coppia e hanno imparato molto in fretta la lezione, molto più della popolazione italiana. Anche il numero assoluto dei nati  stranieri è diminuito: nel 2015 i nati stranieri sono stati 63.000 e quindi possiamo dire  che non c’è nazionalità e cultura che tenga dal punto di vista delle nascite.

Questi sono  lo scenario e le indicazioni che ci arrivano, ora guardiamo come garantire la qualità della vita ad un popolo sempre più invecchiato, quali siano le immagini dell’invecchiamento su cui vale la pena di riflettere di più. Se guardiamo la tabella delle piramidi demografiche possiamo parlare di  piramide capovolta, infatti nella piramide delle età che si riferisce al censimento del 9 ottobre 2011 si vede che  c’è un rigonfiamento intorno ai 50 anni, indica i figli degli anni ‘60 oggi cinquantenni circa, poi, se si va avanti di 30 anni, il rigonfiamento sale verso l’alto, così  nel 2041 avremo una situazione in cui l’età più normale sarà 75 anni. Ora il prolungamento della vita va anche bene, ma bisogna tenerne conto e valutare se sia possibile valorizzare la presenza di questa componente di anziani che tutto sommato sono, tra virgolette, anziani giovani. Oggi le persone di 75 anni sono già mediamente di più di quelle di 20 anni,e le persone di 80 anni stanno superando rapidamente quelle di 10, c’è quindi un  prevalere di  nonni e bisnonni sui  nipoti e i pronipoti nella popolazione italiana. Attenzione: si va in una  direzione che non è reversibile ma è solo da gestire. Questa direzione a un certo punto finisce: fra 30 anni succederà che diventeranno anziani quei bambini che appartengono a quei 600 mila di oggi, cioè alle generazioni poco numerose, quindi possiamo dire  che il totale della popolazione anziana ha continuato a crescere e continuerà a crescere fino al 2045, ma poi comincerà gradualmente a diminuire. Potremmo dire, per capirci, che bisogna dunque sopravvivere fino alla metà del secolo, questa è una grande sfida da affrontare. Un secondo elemento di questo quadro, che presenta problematiche di tipo sanitario, è contenuto in questa tabella che mostra l’esercito dei grandi vecchi che avanza. La popolazione italiana, in età 95 anni e più, oggi è meno di 200.000 ma in quattro decenni diventerà 1.250.000, in un paese di 60 milioni di abitanti perché quelli restano tali. Ora, mantenere, governare, dare una situazione dignitosa a questa popolazione, dal punto di vista sanitario, dal punto di vista dell’assistenza e via discorrendo non è così semplice, ma questa è la situazione da affrontare! L’alternativa è di prendere questa popolazione anziana e di toglierla di mezzo! Questo tipo di scenario dunque  può suscitare tentazioni preoccupanti che non ci piacciono, tutto sommato anche perché tra un po’, se ci va bene, siamo in questa parte della popolazione. Bisogna  essere preparati per gestire i problemi, anche solo nel senso di immaginare come gestirli è importante. Non si potrà certo dare a tutti un assegno di accompagnamento come può avvenire oggi con i 95enni. Poi c’è un discorso di famiglie di anziani soli, pensiamo  alle famiglie dove c’è un figlio unico e quindi non ci sono i fratelli, non ci sono gli zii, non ci sono tanti nipoti, cioè le tele ramificate saltano e arriva il momento in cui i genitori anziani devono appoggiarsi a quell’unico figlio. Per quanto riguarda il problema sanitario, anche qui, prendendo malattie a parità di prevalenza come Alzheimer e Parkinson e immaginando che il condizionamento sia quello di oggi, dobbiamo però considerare che, con l’avanzare dell’età, avremo un aumento di queste malattie del 30- 40% e anche qui il sistema sanitario deve rispondere! C’è dunque un problema di sanità, un problema di relazioni che non possiamo far finta che non esistano. Noi ci preoccupiamo delle coppie di fatto ma dovremmo  preoccuparci  anche del fatto che la popolazione cambia nel modo suddetto  e velocemente, e il fenomeno significa mettere a rischio la qualità della vita di milioni di persone. Questa preoccupazione è qualcosa che ci si deve aspettare dalla politica! Poi c’è il problema dell’invecchiamento o, se vogliamo essere più eleganti, del ringiovanimento della forza lavoro. Consiste nel fatto che nel mercato del lavoro entrano generazioni che sono poco numerose mentre escono generazioni che erano decisamente più numerose e quindi in totale in qualche modo diminuisce la forza lavoro.

Vorrei dare un  finale di speranza: è che nel XXI secolo l’anziano è una risorsa che non possiamo permetterci di sprecare oggi l’anziano non è più come quando noi eravamo bambini, se consideriamo congiunturale l’arretramento della vita che c’è stato nel 2015, diciamo che, mediamente, la vita si va allungando, che  siamo abituati ad una vita che sempre più lunga e generalmente in buone condizioni. Vuol dire che abbiamo tanta gente che ha un periodo di anziano giovane e che ha l’esperienza di un mondo dove, poiché  non si richiede una straordinaria forza fisica, può essere ancora in grado di dare e di dare parecchio. Mi riallaccio  è quello che è stato detto dall’intervento precedente di Emilio Colombo. Tutti gli ultra sessantacinquenni di oggi residenti in Italia vantano, alle attuali condizioni, delle attese di vita residua, è  un’aspettativa di futuro che vale complessivamente 167 milioni di anni di vita. Se di questi 167 milioni di anni andiamo a vedere  quanti anni saranno vissuti  tra il 65° e il 75° compleanno la risposta è di 59 milioni di anni di vita, cioè  di un terzo di tale patrimonio demografico.Ad esempio un 70 enne ne vive al max 5,un 66 enne al max 9, ma tutti insieme (sempre coloro che oggi sono in vita) portano appunto a più di 59 milioni. Si può provare  a stimare l’apporto economico dello stock attuale di anziani- giovani in termini del loro potenziale futuro contributo al prodotto lordo nazionale. Come puro esercizio di simulazione, ho immaginato  di dare un valore ipotetico di € 5000 annui per ciascuno di  contributo al Pil, prodotto in ogni anno di vita nella condizione di anziani giovani da parte degli attuali 65- 74 anni, prodotto  sotto forma di attività di volontariato, assistenza nell’ambito familiare o sociale o in altri compiti utili che possono produrre ricchezza. Si arriva a 297 miliardi di euro che è il valore complessivo del tesoretto di anni che oggi gli ultra 65 enni detengono.

Si ottiene quanto indicato anche facendo un discorso in senso dinamico.Cioè andiamo a vedere anno dopo anno quanti saranno coloro che “nel tempo” si troveranno a essere nella fascia di età 65-74 (ed esempio anche coloro che oggi sono 60 enni e tra 6 anni saranno 66 enni), si vede che  mediamente ogni anno coloro che “si troveranno in quella fascia di età” sono circa 3-4 milioni di persone che vivranno annualmente in quella  fascia di età più o meno 3-4 milioni si anni. Anche in questo caso moltiplicando per 5000 si ottiene appunto quanto indicato. E’ la differenza tra il “capitale/patrimonio” del gruppo di ultra 65 enni riferito alle loro  età 65-74 valutato oggi e il “reddito” prodotto annualmente dai 65-74 enni nel futuro.

Nella seguente tabella ho provato addirittura a trasformare il contributo dei giovani anziani in contributo annuo. Cioè ogni anno  cosa varrebbero? Qui vedete che nei vari periodi appaiono i dati di 33, 40, 38 miliardi circa, immaginando che si possano trasformare in 5000  euro di PIl gli anni indicati.

Numero di anni persona – vissuti tra il 65° e il 75° compleanno  dalla popolazione italiana nei periodi sotto indicati (valore medio annuo, ad una valorizzazione di 5000 euro per ogni anno di attività)

  periodo 2016-2020 periodo 2021-2040 2041-2060
migliaia di anni (per maschi) 3141 3812 3680
migliaia di anni (per femmine) 3542 4272 4094
totale 6683 8084 7774
corrispondenza valore economico (in miliardi euro) 33,4 40,4 38,9

Dal punto di vista economico c’è un grande valore che è nascosto, anche perché è difficile quantificarlo. ma è una ricchezza che è un peccato sprecare!

Quindi abbiamo una popolazione che invecchia, non c’è niente da fare, ma invecchia abbastanza bene, mantiene la sua capacità di svolgere anche nella sua terza o quarta età che dir si voglia un suo ruolo importante nella società. Occorre la consapevolezza della necessità, come i dati ben dimostrano, di recuperare una maggior vitalità demografica, dobbiamo dare la possibilità e gli strumenti  a questa popolazione perché possa svolgere questo ruolo. Chiudo dicendo che dietro a tutto ciò che abbiamo visto c’è l’ idea importante della famiglia che dovrebbe tornare ad essere l’elemento che governa tutti i processi demografici. In questa slide vi mostro un documento scomparso: sotto l’ iscrizione “ Presidenza del Consiglio dei Ministri”c’è  il titolo Piano nazionale per la famiglia,  approvato dal Consiglio dei Ministri nel 2012. Ma questo documento è un oggetto misterioso anche per coloro che per mestiere fanno i deputati e senatori o anche i ministri, molti di loro mi chiedono dove si trovi questo piano e come si trovi su Internet. In questo documento, di una quarantina di pagine, c’è scritto in modo molto democratico, cioè dopo un confronto con varie parti sociali, un piano che fa da ricetta per indicare quali medicine andare a comprare per guarire il malato-famiglia.  Alcune medicine costano tanto, per esempio il quoziente familiare costa, altre medicine costano poco, basta la buona volontà di  andarsele a comprare. Ma questo oggetto misterioso giace nel cassetto dai tempi della fine del governo Berlusconi, ci è rimasto durante il governo Monti poi anche durante il governo Letta, infine giace nel cassetto con Renzi. Io credo che una cosa importante sia proprio riflettere sull’andamento democratico con i numeri, in maniera oggettiva, io ho detto cose largamente documentate e questi dati sono ufficiali, da  Istat eccetera, non sono inventati da me. Quella è la diagnosi, è nota anche la terapia, sappiamo come fare basterebbe volerlo fare. Bisogna avere la volontà soprattutto dovrebbe averla chi ha cuore i destini della nazione.

Domande dal posto

Domanda

In Francia c’è una politica della maternità notevole rispetto a quella italiana. Vi chiedo un parere. –-Io mi aggiungo e chiedo come sia la situazione in Europa e anche, più generalmente  oltre l’Europa perché con i flussi migratori che sono in atto il mondo ormai è in unificato.

<strong>Risposta di Colombo</strong>

Abbiamo lavorato io e Giancarlo sul problema del quoziente familiare, la Francia fa una politica sulla famiglia decisamente spinta che ha avuto risultati evidenti e che costa parecchio! E’ una decisione piuttosto singolare  da parte di uno Stato che fa della laicità la sua bandiera! Si tratta di una politica sulla famiglia che incide, pensate che gli extracomunitari in Francia si sposano pur di avere i benefici sulla famiglia previsti  dal sistema fiscale francese. E’ una possibile politica, però ha un problema: per farla bisogna definire che cosa sia la famiglia. Se pensiamo alla nostra situazione  attuale, capiamo la difficoltà. Però ci sono altre possibilità, l’idea del Fattore Famiglia per esempio, in quanto guarda alla presenza di figli, indipendentemente da chi li ha generati, poi  possono anche aumentare le detrazioni fiscali che attualmente sono risibili. Certo bisogna volerlo fare e avere le risorse per farlo, evidentemente queste decisioni sono più difficili da prendere in una situazione congiunturale come quella attuale e bisogna avere la volontà politica per farlo.

Sulla questione della globalizzazione, il problema è colossale e molto delicato perché questo è il tema su cui si decide se l’Europa sta in piedi o si disgrega. Il mondo è globalizzato, l’Europa peraltro è più integrata di altre aree. Questo fa sì che queste problematiche diventino problematiche comuni che ci riguardano tutti. Un ragazzo giovane che si laurea adesso è possibile che vada a lavorare ma in Spagna, poi in Olanda e infine concluda la sua carriera in Italia. Dove paga i contributi pensione? Chi gli paga la pensione, come si portano in giro le pensioni tenendo conto che non si tratta di un gruzzoletto che ci si porta con sé perché  tutti i paesi hanno il sistema italiano, quindi il gruzzoletto è solo virtuale, perché ha  bisogno dei giovani che  paghino. Non è cosa da poco: un bulgaro dopo 5 anni di residenza in Germania ha diritto ad avere la cittadinanza tedesca quindi a prendere la pensione sociale tedesca,che non è un granché ma è un multiplo del reddito medio bulgaro! Allora ci sono due possibilità: se guardiamo solo l’Europa, la prendiamo di petto, sul serio e allora vuol dire che dobbiamo unificare i sistemi di welfare. Come dire che l’Europa deve diventare una unità sociale non solo monetaria!!! Non è ovviamente una cosa da poco, ha enormi difficoltà mettere insieme i sistemi pensionistici, pensate anche ai  sistemi sanitari. L’altra possibilità è il modello americano, per semplificarlo: uno guadagna e si mette via la pensione e dovunque vada si porta via il suo gruzzoletto, si paga la sua assicurazione e tutto funziona sulla base del sistema privatistico.

Ma noi siamo in Europa, non negli Stati Uniti, i miei amici negli Stati Uniti sono molto contenti ma loro sono valutati per la carta di credito, io in Italia per la carta di identità, cioè  il sistema statunitense è un sistema molto poco solidaristico e tende a penalizzare fortemente le fasce più deboli della popolazione. In Europa noi non abbiamo questa cultura ma non c’è una via di mezzo.

Domanda di Robi Ronza

Chiedo al prof. Blangiardo di delineare  un quadro della situazione della natalità a livello europeo.

<strong>Risposta di Blangiardo</strong>

In Europa ci sono 507 milioni di persone, tra tutti i 28 paesi nascono 5,2 – 5,3 milioni questo vuol di bambini, vuol dire che, con tale livello di nascite e con la vita che dura fino ad 80 anni, la popolazione europea non può mantenersi a 500 milioni di abitanti, senza migrazione è destinata a diminuire. Poi situazione per situazione ci sono delle diversità: la Germania va come l’Italia, la Francia, come si ha detto, va verso i 750 mila nati noi ne abbiamo 500.000 quindi c’è una bella differenza. Il Regno Unito non arriva al  ricambio dei due figli per donna ma non ne è lontano ; i paesi nordici, dove c’è un welfare più attento e c’è la possibilità di una maggior conciliazione tra il lavoro della donna e la maternità, la fecondità è un po’ più alta. Questa è la vecchia Europa che come vecchia Europa diventerà sempre più vecchia, accenniamo a  cosa succede nelle altre parti. Sulla terra ci sono 7 miliardi e mezzo di persone, si ritiene si possa arrivare ad una sorta di stabilizzazione  sui 10 miliardi e mezzo di persone o a metà o nella seconda parte del secolo. Noi ricordiamo la questione della bomba demografica per la serie “aiuto aiuto stiamo aumentando” vedi conferenza di Bucarest e altre come quella del Cairo. Qui la Conferenza, che doveva essere periodica, poi non si è ripetuta probabilmente perché la bomba demografica non si è verificata. Il vero problema del XXI secolo in realtà è un altro ed è la mobilità: i tempi sono cambiati, è arrivato Internet, il cellulare, abbiamo nuovi e veloci aerei, la gente oggi si butta, non è come quando si prendeva la nave per andare in America e poi si scriveva la lettera. In questo quadro ci sono evoluzioni del dato demografico che possono essere problematiche, ad esempio noi vediamo i rifugiati che arrivano dall’Afghanistan che ha 32-33 milioni di abitanti, dalla Siria che ne ha 18- 20 milioni mentre, ma l’Africa sud sahariana è un’altra storia: le grandi migrazioni del domani sono quelli che verranno da questa parte dell’Africa. L’Africa ha 950 milioni di abitanti, fra 10 anni avrà un miliardo e 200 milioni di abitanti, tra 20 anni ne avrà un miliardo e 600 milioni, molti di questi abitanti sono giovani, ora l’Africa dovrà creare ogni anno 10 milioni di posti nuovi di lavoro per piazzare i giovani che arrivano all’età in cui si va a lavorare. Se  questi milioni di giovani non vengono piazzati si accumulano 10 + 10 + 10 e, se non hanno possibilità in loco, prendono un telefonino e chiedono cosa possono fare da qualche altra parte e vengono invitati ad andarci. Noi siamo di fronte a una prospettiva di grande mobilità che non sarà facile gestire a meno che non cerchiamo di dare una mano per organizzare lo sviluppo localmente. Possiamo forse pensare che l’Europa, per quanto abbia il buco della popolazione, possa caricarsi di 30 -40 milioni di persone in poco tempo? A partire dal 2011 abbiamo acquisito circa 10 milioni di persone, si può continuare con questi ritmi ma non con 30 – 40 – 50 milioni! E invece i numeri sono questi, allora bisogna mettersi in testa che bisogna collegare la migrazione con gli aiuti seri allo sviluppo. Io parlo di migrazione circolare, cioè noi dobbiamo essere in grado di consentire alla gente di venire, di imparare a fare delle cose, di ricevere dei capitali e poi tornare eventualmente nei paesi d’origine e fare da volano, attivare in loco delle posizioni di lavoro e di crescita. Tutto questo naturalmente richiede accordi bilaterali, richiede la capacità di istituire, anche dal punto di vista normativo, delle procedure e delle regole che vadano in questa direzione. Ci vogliano dei piani sovranazionali, solo se ci si muove in questa direzione si riesce a governare questo tipo di evoluzione sennò la subiamo e la subiamo nel peggiore dei modi. Questo è il panorama demografico che ci aspetta nei prossimi anni, e averne consapevolezza vuol dire cercare di fare qualche intervento. Invece c’è una incapacità della classe politica di individuare la priorità dei problemi! Perdiamo tempo a vedere la questione della step child e ci sfuggono i veri problemi:

Domanda

Dopo il 2015 come sarà la prospettiva più immediata?

<strong>Risposta di Blangiardo</strong>

Non sono un profeta, posso dire che il 2015 ha sfoltito la popolazione attraverso l’eliminazione dei soggetti più fragili. Mi aspetto che il 2016 sia abbastanza clemente. Però  sul fronte delle nascite non vedo grandi cambiamenti c’è un gioco al rinvio dopo il primo figlio, non c’è mai una rinuncia esplicita all’inizio, poi  il rinvio diventa definitivamente rinuncia e rispetto a questa situazione non credo sia cambiato nulla, nè è stato fatto nulla. Si diceva che i nostri governanti hanno discusso moltissimo su sulla questione delle coppie dello stesso sesso, ebbene  si tratta di 7240 o 50 coppie delle quali 500 0 600 hanno figli. Voglio dire che non è un fenomeno di massa, è  il censimento, che è uno strumento  serio che certifica questo dato, mentre le coppie sono 14 milioni. Noi stiamo quindi discutendo, con possibili crisi di governo, su una questione che riguarda poco più di 7000 coppie! Non discuto che i problemi singoli personali ci siano ma questo è il dato demografico, non è un fenomeno di massa.

Domanda

Quali sono in Italia i territori più fertili?

<strong>Risposta di Blangiardo</strong>

Il più  fertile è la zona di Bolzano, secondo me è anche una questione di soldi, in pratica  dove circola l’euro le cose vanno meglio. La Lombardia non è messa malissimo ma resta a livelli di non ricambio generazionale.

Osservazione di Ronza

Per le regioni come Bolzano  è anche un problema di sopravvivenza etnica.

Domanda

Quanto incidono gli aborti?

<strong>Risposta di Blangiardo</strong>

Gli aborti  sono 110.000 che rispetto ai 210 mila del passato  sembrano essere un passo avanti, tuttavia  sono sempre 100000 bambini in più che non nascono su una cifra di nati di 500.000.

<strong>Intervento di Ronza</strong>

Come professionista della comunicazione  volevo osservare qualcosa circa questa insensibilità al problema demografico. Se pensiamo a tutto il can-can che si è fatto per una situazione che riguarda 7500 copie, se pensiamo anche alla scena patetica del presidente dell’Istat che, evidentemente pressato da un tridente renziano, ha dichiarato che non bisogna credere troppo alle statistiche, possiamo capire che  nel nostro paese siamo davanti ad una situazione schizofrenica, nel senso che la graduatoria delle priorità della comunicazione di massa non corrisponde alla reale situazione del Paese, per cui fa venir meno  la capacità di rapportarsi alla realtà. Quando noi diciamo che la cultura non religiosa com’è quella mediatica fa perdere i contatti con la realtà, facciamo  un discorso che non è soltanto teologico ma è anche esistenziale. Siamo di fronte a una cultura  che non percepisce di più la realtà e questo si riflette in modo proporzionale nei media, nell’ambiente giornalistico, che  per varie questioni storiche è squilibrato rispetto alla condizione del paese. Le 1000 voci e le 1000 voci del giornalismo sono al 99% una voce sola cioè c’è uno squilibrio strutturale; quindi i media danno un’informazione che non corrisponde alla realtà. Succede anche in altri paesi ma da noi è molto evidente, facciamo l’esempio del Family Day. E’stato un sit-in di massa di parecchie centinaia di migliaia di persone, nel momento in cui e venuto, ma anche prima e poi i media lo hanno  trattato come una cosa esterna. E’ una caratteristica del nostro sistema mediatico quella di considerare alcuni fatti come parte della realtà di cui si parla e allora si chiamano in causa persone che sono parte del problema e lo testimoniano direttamente. Invece ci sono degli eventi che vengono raccontati e considerati come fenomeno da acquario, insomma vengono chiusi in una sorta di acquario mediatico e  ci sono quelli che stanno fuori dall’acquario che  lo raccontano da un punto di vista professionale. Guardare l’evento del Family Day realisticamente avrebbe voluto dire che i protagonisti, nei giorni successivi ,venissero chiamati nelle cosiddette trasmissioni  colloquiali a parlare della loro iniziativa. invece sono stati chiamati dei sociologi esterni che davano il loro parere su questo fenomeno quindi questo evento non faceva parte della realtà,di quello di cui si parla ma era un evento altro rispetto al quale si chiamavano esperti per farsi spiegare chi fossero quegli individui, da dove venissero. I protagonisti erano visti come una realtà dal di fuori.

<strong>Osservazione di  Blangiardo</strong>

Aggiungo un altro esempio al proposito: questa storia dell’aumento dei morti nel 2015 l’ho scoperta e ho fatto un servizio su Avvenire, poi, per curiosità mia, ho fatto quattro conti per vedere come era messa Milano. La situazione di Milano era peggio rispetto a quella più generale, allora l’ho mandata al Corriere dove  conoscevo dei giornalisti. Ebbene, nessuno ne ha parlato, non una riga. Poi ne ha parlato Grillo e la cosa è diventata più generale ma il Corriere l’ha ignorata. Una cosa del genere non era bella e non poteva uscire questa è la libertà di stampa con cui dobbiamo confrontarci.

Domanda

Esistono eventuali  statistiche sugli anziani soli, che facciano meglio capire il quadro di fragilità dei rapporti verso i quali si sta esista andando sempre più?

<strong>Osservazione di  Blangiardo</strong>

La popolazione anziana tende ad essere sempre più sola, la famiglia che si inaridisce rende sempre più difficile avere dei legami dei parenti che possono in qualche modo interagire. Ci sono poi degli studi tipo risposta a domande del tipo “quante volte ti vengono a trovare?”

<strong>Conclusioni di  Ronza</strong>

Una serata come questa  è un’informazione che serve per stimolarci ad intervenire, invece  uno degli scopi della comunicazione di massa è quella di farci di dire che la situazione è così e non ci si può fare niente. Questo è il messaggio che viene dato, ora noi non siamo gente che pensiamo la situazione è così e che nessuno di noi possa farci qualche cosa. Il messaggio della comunicazione di massa è un messaggio di tipo autoritario. Una cosa su cui dobbiamo riflettere per agire nel senso che  dobbiamo abituarci a fare un uso sempre più critico cioè attivo delle informazioni. Ci si può attrezzare con Internet per ottenere informazioni più autentiche di quelle che ci vengono fornite. Le madri di famiglia anziane che hanno più tempo possono fare questo lavoro di informazione culturale della propria famiglia e possono aiutare le persone ad essere più capaci di guardare le cose che ci sono. Ho notato che, dicendo sulla migrazione delle cose ovvie, molte persone le hanno considerate delle grandi scoperte. Ho sollecitato osservazioni di questo genere: “Come possono spostarsi  le persone che vengono dalla Siria verso le frontiere turche? Non possono se non con dei mezzi organizzati, non certo a piedi  e ci debbono essere  dei posti tappa”. “Oppure come mai  ci fanno vedere le persone che fanno l’ultimo km e non hanno alcun bagaglio?” Occorre aiutare le persone ad essere interlocutori più attivi di quello che viene dato come informazione. E’ l’aiuto che ci hanno dato i nostri ospiti questa sera, il che ci deve  motivare a tener presente  il loro nome e a seguirli su Internet o sui loro testi.

Grazie