Senato della Repubblica

TERAPIE RIPARATIVE

Riflessioni
XVII LEGISLATURA

Disegno di legge

D’iniziativa dei senatori

Lo Giudice, Bocchino, Capacchione, Cardinali, Cirinnà, Dalla Zuanna, De Petris, Gatti, Guerra, Idem, Lo Moro, Lumia, Mastrangeli, Orellana, Palermo, Pegorer, Ricchiuti, Spilabotte

Norme di contrasto alle terapie di conversione dell’orientamento sessuale dei minori.

ONOREVOLI SENATORI. ­ Il 28 dicembre 2014, Leelah Alcorn, un’adolescente transgender di Kings Mills, Ohio, ha scelto di gettarsi sotto un camion in corsa per mettere fine a una vita già fortemente segnata all’età di 17 anni. Leelah non aveva retto il rifiuto della sua famiglia di fronte alla scelta di dire la verità sulla sua identità, sui suoi sentimenti e la sua percezione di sé.

Quando a 16 anni Joshua aveva chiesto ai suoi genitori l’autorizzazione ad iniziare quel percorso di transizione che l’avrebbe accompagnata a diventare ciò che sentiva a tutti gli effetti di essere, una ragazza, il padre e la madre non avevano voluto ascoltare le sue suppliche. Al contrario i due genitori, appartenenti ad una comunità cristiana molto tradizionalista, avevano deciso di seguire ogni strada possibile per “curare” loro figlio, rivolgendosi a degli pseudoterapeuti specializzati nella cosiddetta “terapia di conversione dell’orientamento sessuale”, una pratica stigmatizzata dalla letteratura scientifica e dal mondo accademico ufficiale.

Oggi Leelah è diventata un simbolo per la comunità LGBTI di tutto il mondo e il suo ricordo anima le battaglie di attiviste e attivisti che lottano per l’affermazione e la promozione dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersex.

Il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama ha annunciato nell’aprile 2015 il suo sostegno ad un disegno di legge dedicato a Leelah Alcorn per bandire i trattamenti di conversione dell’orientamento sessuale sui minori e arginare in questo modo i danni derivanti dalle violenze inflitte alla sfera più intima dei giovani LGBTI.

Leggi  in  materia  di  proibizione delle terapie riparative sono già applicate dagli stati americani della California e del New Jersey e da queste il presente disegno di legge trae ispirazione.

Il percorso di depatologizzazione dell’orientamento omosessuale è iniziato nel 1973, quando l’American Psychiatric Association eliminò la diagnosi di omosessualità egosintonica dal DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali, che fino a quel momento aveva considerato l’omosessualità prima come un disturbo sociopatico della personalità (1952), poi come deviazione sessuale (1968).

Nel  Manuale  rimaneva  la  cosiddetta  omosessualità egodistonica,  cioè  accompagnata da una mancata accettazione del proprio orientamento omosessuale e quindi da disagio sociale e psichico. L’omosessualità egodistonica, considerata un disturbo “indotto” dalla stigmatizzazione sociale, è stata eliminata dal DSM nel 1987.

Il 17 maggio del 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha depennato definitivamente l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.

Da  allora  i professionisti nel campo della psicologia e della psichiatria hanno smesso di considerare l’orientamento sessuale non eterosessuale una malattia da curare.

Cionondimeno vi ne sono ancora alcuni che non ritengono che l’omosessualità sia una normale variante della sessualità umana. Una minoranza di psichiatri, psicologi e psicoanalisti hanno infatti continuano a basare i loro trattamenti su un’idea patologizzante di omosessualità. Ancora oggi alcuni considerano l’omosessualità un disturbo o una forma di immaturità psichica, o considerano che un orientamento eterosessuale sia “preferibile” a un orientamento non eterosessuale e, pertanto, un obiettivo di normalità a cui aspirare.

Gli interventi che mirano al cambiamento dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere di un individuo sono frequentemente chiamati “terapie riparative” poiché fondati sulla teoria, contraddetta dalla letteratura scientifica, in base alla quale l’orientamento omosessuale e il senso della propria identità di genere sono il sintomo di un problema nello sviluppo personale che deve essere individuato e “corretto”. Si tratta di approcci privi di fondamento nella ricerca empirica e derivanti da estremizzazioni ideologiche o religiose, nonché da una scarsa conoscenza della moderna letteratura scientifica.

Fattori come il sentimento religioso, il conservatorismo politico e una scarsa conoscenza delle persone lesbiche,  gay,  bisessuali  o  transessuali si traducono in atteggiamenti omonegativi che possono essere riscontrati anche tra psicologi o psichiatri.

Studi scientifici hanno raccolto le opinioni dei “pazienti” delle cosiddette terapie riparative o di conversione dell’orientamento sessuale. Le loro testimonianze hanno permesso a clinici e ricercatori di stilare una rassegna dei danni psicologici e sociali subiti da coloro che sono stati sottoposti ai tali trattamenti.

Tra i rischi psicologici, i due ricercatori statunitensi Ariel Shidlo e Michael Schroeder hanno riscontrato, da un campione intervistato nel 2002, un aumento di stati depressivi e ideazione suicidaria in risposta al sentirsi colpevolizzati dal terapeuta, al ripresentarsi di desideri sessuali verso persone dello stesso sesso dopo un lungo periodo di astinenza, al realizzare che il percorso di “cura” non produceva gli effetti desiderati.

Altri effetti degli interventi di conversione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere  sono il calo dell’autostima, nonché l’aumento della cosiddetta “omofobia interiorizzata”, legati al percepire il proprio orientamento sessuale come  sbagliato e denigrato dal terapeuta (per esempio, per mezzo di informazioni fuorvianti sulle persone LGBTI, le loro vite e le loro relazioni), e una distorsione della percezione della propria vita, dovuta alla tendenza acquisita a ricondurre al proprio orientamento sessuale tutti gli aspetti negativi della propria esistenza.

Per quanto riguarda le difficoltà sociali e interpersonali, molti intervistati hanno manifestato difficoltà nell’ambito familiare, in quanto parecchi terapeuti incitavano i pazienti a colpevolizzare i genitori per il proprio orientamento sessuale. Lo studio riporta casi di alienazione e solitudine legati all’invito da parte delle comunità di “ex gay” ad allontanare tutte le amicizie gay e lesbiche, nonché alla paura di diventare un molestatore o una molestatrice di minorenni, sempre a causa dei racconti distorti dei terapeuti sulla sessualità delle persone LGBTI.

La depatologizzazione dell’omosessualità è un percorso ormai compiuto dai professionisti della salute mentale di tutto il mondo, le associazioni professionali e scientifiche, italiane e straniere, hanno a più riprese dovuto chiarire l’antiscientificità e la pericolosità delle terapie di conversione.

Dopo le prese di posizione da parte degli Ordini degli psicologi regionali del Lazio, della Lombardia e dell’Emilia Romagna, il 23 agosto 2013 anche il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), in reazione a una nuova polemica sulla patologizzazione degli orientamenti non eterosessuali, ha dichiarato tramite nota stampa dell’allora Presidente dott. Giuseppe Luigi Palma che: “affermare che l’omosessualità possa essere curata o che l’orientamento sessuale di una persona si debba modificare è un’informazione scientificamente priva di fondamento e portatrice di un pericoloso sostegno al pregiudizio sociale ancora così fortemente radicato nella nostra società (…). Gli psicologi, secondo il Codice deontologico, non possono  prestarsi  ad  alcuna  «terapia  riparativa»  dell’orientamento sessuale  di  una  persona,  bensì collaborare con i propri pazienti nel caso di disagi relativi alla sfera sessuale siano essi avvertiti dagli eterosessuali così come dagli omosessuali”.

Negli Stati Uniti d’America, il 17 maggio del 2012, l’Organizzazione Panamericana della Sanità ha definito “una seria minaccia” tutti i servizi che si propongono di “curare” le persone con orientamento sessuale non eterosessuale. Una ferma condanna dei trattamenti riparativi è giunta anche da altre importanti istituzioni, tra cui  l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la World Psychiatric Association, l’American Psychiatric Association, l’American Psychological Association, l’American Psychoanalytic Association, ecc,

In particolare, nel 2016 la posizione la World Psychiatric Association (WPA) ha bollato le terapie riparative come  “antiscientifiche, non  etiche,  inefficaci  e  dannose”  sostenendo  la  loro  inefficacia scientifica e sottolineando i danni e gli effetti deleteri di questi trattamenti. La WPA sostiene che “Non vi è alcuna prova scientifica che l’orientamento sessuale possa essere modificato. Inoltre, le cosiddette terapie [di conversione] dell’omosessualità possono alimentare pregiudizi e discriminazioni, e sono potenzialmente pericolose. È assolutamente non etico fornire qualunque tipo di intervento che pretenda di “curare” ciò che non è un disturbo.

Nello  specifico,  il  presente  disegno  di  legge  all’articolo  1  fornisce  una  definizione  preliminare  di “conversione dell’orientamento sessuale”.

L’articolo 2 individua le figure professionali alle quali è fatto divieto di applicare le suddette terapie di conversione su soggetti minorenni e stabilisce le sanzioni pecuniarie e accessorie in caso di violazione della norma.

L’articolo  3  stabilisce  la  pena  accessoria della sospensione da uno a cinque anni dall’esercizio della professione per qualsiasi delle figure professionali di cui all’articolo 2 qualora per le medesime sia richiesta una specifica abilitazione da parte dello Stato.

Art. 1.

(Definizione)

  1. Ai sensi della presente legge, per “conversione dell’orientamento sessuale” si intende ogni pratica finalizzata a modificare l’orientamento sessuale di un individuo, inclusi i tentativi di cambiare i comportamenti o le espressioni di genere ovvero di eliminare o ridurre l’attrazione emotiva, affettiva o sessuale verso individui dello stesso sesso, di sesso diverso o di entrambi i sessi. La definizione di cui al primo periodo si intende riferita anche agli interventi noti come “terapie riparative”.
  1. L’espressione “conversione dell’orientamento sessuale” di cui al primo comma non comprende gli interventi che favoriscano l’auto­accettazione, il sostegno, l’esplorazione e la comprensione di sé da parte dei pazienti senza cercare di cambiare il loro orientamento sessuale.

Art. 2.

(Soggetti destinatari)

  1. Chiunque, esercitando la pratica di psicologo, medico psichiatra, psicoterapeuta, terapeuta, consulente clinico, counsellor, consulente psicologico, assistente sociale, educatore o pedagogista faccia uso su soggetti minorenni di pratiche rivolte alla conversione dell’orientamento sessuale è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da 10.000 euro a 50.000 euro. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle attrezzature utilizzate.

Art. 3.

(Sanzione accessoria)

  1. Se la condotta è posta in essere nell’esercizio di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dallo Stato, la condanna comporta la sospensione dall’esercizio della professione da un minimo di un anno a un massimo di cinque anni.