Pieter Bruegel il Giovane - Scena di villaggio con danza intorno al palo di maggio 1634

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Articoli e pubblicazioni

In questa rubrica raccogliamo articoli che hanno a tema la figura del nonno nella famiglia e nella società nelle sue varie declinazioni, nonché testi sulla terza età, a contenuto sociologico, demografico, psicologico e storico.

L’Associazione si riserva la facoltà di accogliere testi suggeriti da autori interessati a essere presenti in questo spazio, i quali potranno farcene richiesta via mail, accompagnata da una sintetica scheda di presentazione.

Riportiamo, in formula lievemente abbreviata, l’articolo di Belletti su Il Sussidiario in merito alla situazione della famiglia nel Documento programmatico, utile a capire quanto lavoro ci sia ancora da fare!

(Belletti, Sussidiario)

Nel documento programmatico di bilancio non è emersa alcuna decisione concreta per far sì che le tasse diminuiscano sensibilmente in funzione dei carichi familiari. Così, a parità di reddito, anche in questo documento, avere carichi familiari consistenti farà ben poca differenza… Urge invece, proprio sulla riforma fiscale, un deciso intervento di equità familiare, anche per onorare il dettato costituzionale dell’articolo 53, che parla di prelievo fiscale secondo la “capacità contributiva”, che è evidentemente connessa direttamente con i carichi familiari. Su questo ben poche tracce, nel documento in questione.

Sul reddito di cittadinanza i dati confermano che l’attuale reddito di cittadinanza non è stato capace di intercettare i bisogni delle famiglie con più figli, fallendo così un obiettivo di equità, giustizia sociale e di sostegno alla “Next generation” che non è più tollerabile. Non può bastare un qualsiasi reddito di cittadinanza: serve, anche in questo caso, una sua radicale rivisitazione “a misura di famiglia”, a protezione delle nuove generazioni e dei bambini

Sull’imminente introduzione dell’assegno unico universale, prevista dal 1° gennaio 2022. Un intervento potenzialmente epocale, per la cui attuazione sono stati allocati 6 miliardi aggiuntivi per il 2022 (un intervento oggettivamente importante), più una cifra tra i 12 e i 14 miliardi, recuperabili attraverso l’assorbimento (cancellazione integrale) di tutte le misure oggi presenti (incluse detrazioni per figli a carico e assegni al nucleo familiare). Qui rimangono alcune incertezze, pur all’interno di un percorso virtuoso: in particolare, l’ammontare dell’assegno rimane basso (sotto i 200 euro mensili per figlio, anche per i redditi più bassi, attorno ai 100 euro per i redditi medi), a fronte di un costo mensile del figlio stimato attorno ai 650 euro (dati Neodemos, 2021). Inoltre, per molte famiglie – e soprattutto per le famiglie numerose – la sostituzione degli attuali sostegni con l’assegno unico porterà benefici marginali, e in alcuni casi anche una potenziale diminuzione. Si parla di 200mila famiglie che potrebbero ricevere di meno (soprattutto le famiglie con più figli). È stata più volte garantita una sorta di “clausola di salvaguardia” (che nessuno ci perda), ma questo non sarebbe sufficiente. Qualche problema deriva infine dall’utilizzo dell’Isee, che, al di là della complessità burocratica, penalizza troppo le famiglie proprietarie di casa e valorizza troppo poco i costi dei figli.

Insomma, l’assegno unico qualificherebbe in modo quasi rivoluzionario le politiche familiari nel nostro Paese nel 2022 – integrando e “correggendo” anche un “Documento programmatico di bilancio” che appare ben poco “family friendly”. Però è certo che da solo non basterà per sostenere adeguatamente le famiglie – e che la sua attuazione concreta dovrà essere attentamente monitorata in tutti i suoi aspetti: procedure, ammontare mensile per le varie tipologie familiari, e anche budget complessivo che verrà allocato – che con i meccanismi ipotizzati ad oggi potrebbe rivelarsi ancora insufficiente.

La gravità dei contenuti del DDL Zan è ben delineata in questo articolo ti Massimo Gandolfini che invitiamo a leggere attentamente
Questo articolo ci informa sulle tematiche della giornata mondiale dei Nonni voluta dal Papa
Segnaliamo la richiesta di varie realtà che si impegnano per la vita nascente e che chiedono sia istituita una giornata apposita
Utile sapere I passi che mancano per rendere fruibili i 13 miliardi di euro stanziati dall'ultima legge di bilancio per il 2021 per l’Assegno unico per i figli.

21 marzo un futuro senza figli, gli studi di genere e la giornata per la vita nascente

Da Avvenire 24 marzo pag. 5, N. Pini

  1. Manca l’ approvazione definitiva della legge delega da parte del Senato ( ritardo di 4 mesi  nella approvazione da parte della  Commissione  per Covid di membri, poi  per crisi di governo) Ora però viene prima l’esame del DL Sostegni e poi la seconda lettura del Decreto Covid;
  2. Mancano poi, nell’ordine , i decreti legislativi  del Governo;
  3. Poi i ministeri interessati dovranno coordinarsi(Famiglia, Economia, Welfare) e arrivare ai decreti attuativi.

C’è un problema di tempi e poi la questione dei finanziamenti disponibili: la Legge di bilancio ha fissato 3 miliardi per il secondo semestre 2021, e 3 per il 2022 ma non sembrano sufficienti, inoltre le esigenze dettate dalla emergenza Covid avranno la precedenza.

Facendo i conti, i 6 miliardi, per ora,

  1. aumentano solo del  solo del 50 per cento le risorse che già oggi nel complesso vanno alle famiglie (bonus, detrazioni e assegni familiari in più;
  2. servirebbero ad aiutare chi fino ad ora ha pochi aiuti  ad es i lavoratori autonomi che non hanno assegni familiari.

In media il contributo erogato attualmente alle  famiglie passerebbe dai 100 euro complessivamente erogati a 150 euro .

Fa riflettere la tematica di questo articolo che invita a un importante convegno il 27 marzo

21 marzo un futuro senza figli, gli studi di genere e la giornata per la vita nascente

Blog da Assuntina Morresi

Un futuro senza figli: così si vede la maggioranza dei giovani ventenni italiani.

E’ il risultato di un sondaggio commissionato dalla Fondazione Donat Cattin nel trentesimo anniversario della morte dell’ex Ministro. Secondo l’Istituto demoscopico Noto Sondaggi, a cui l’inchiesta è stata commissionata, di questi giovani il 31% si immagina a 40 anni coinvolto in un rapporto di coppia ma senza figli, mentre il 20% pensa che sarà single, con l’uso della parola inglese che maschera l’idea cupa della solitudine.

Un risultato con cui avrebbe dovuto aprire il Tg della sera, che avrebbe dovuto essere oggetto dei principali talk show per settimane, numeri che dovevano campeggiare nei titoli di prima pagina di quotidiani e siti: eppure niente di tutto questo è avvenuto. La notizia è passata quasi inosservata, complice l’emergenza della pandemia, certo, ma che da sola non basta a spiegare tanta indifferenza per l’emergere di un dato drammatico.

Forse, in fondo, già lo sapevamo: per i nostri figli metter su famiglia non fa parte delle aspirazioni del futuro. Diventare mamme non è mai stato così poco ambito dalle ragazze, ed essere chiamati papà da un pezzo non è il sogno dei ragazzi. La realizzazione personale è altrove, ed è innanzitutto individuale: nel lavoro, nei propri interessi, anche nelle amicizie, magari in un rapporto di coppia, sapendo comunque che può finire facilmente.

Eppure gli studi di settore finora riportavano che il desiderio delle donne di avere figli è restato immutato negli anni: più di due a testa, fino a poco tempo fa. Ma adesso non sembra più così, e il drastico calo delle nascite ormai sotto gli occhi di tutti lo conferma. Che cosa è successo, allora?

E’ evidente che la profonda mutazione antropologica che ha investito la nostra società occidentale, accompagnata ad una pesante secolarizzazione, ha ormai permeato tutta la società, creando un nuovo habitus mentale, un vero e proprio Mondo Nuovo, che è già qui, è quello che già viviamo. Certamente ci si continua a innamorare, ma mai come adesso avere dei figli è qualcosa di diverso dal vissuto di un rapporto amoroso: i figli possono far parte o meno della vita di una coppia. Sono casomai il risultato di una scelta consapevole e ponderata, quanto di più lontano possibile dall’esito naturale del matrimonio, o comunque di un patto impegnativo fra un uomo e una donna.

E i sostegni economici alle famiglie, pur doverosi, non saranno mai adeguati a farle ripartire se i giovani per primi, pur essendo essi stessi ancora figli, neanche pensano ai propri, di figli, come a una eventuale, ipotetica possibilità futura. Come investire sulla famiglia, se fare famiglia non è più neanche considerato un investimento, una possibilità per il futuro?

E’ necessario innanzitutto un intervento culturale, pubblico, di pensiero, che non insegua inutili rivendicazioni né tantomeno si perda in sterili battaglie ideologiche, come quelle dei “gender studies”, che occupano ormai le università di tutto il mondo. Si tratta dei famosi “studi di genere”, nati circa 50 anni fa per occuparsi dei tanti aspetti dell’essere donna, ma che nel tempo si sono trasformati nell’opposto, cioè nella celebrazione dell’essere umano indifferenziato, finendo con il cancellare la differenza tra maschio e femmina. Basta vedere la diffusione di espressioni teoricamente “gender neutral” ma concretamente volte alla eliminazione del femminile, e constatare la scomparsa della stessa parola “donna” in molti testi ufficiali, soprattutto in area anglosassone. Oggi la desinenza maschile e femminile nei documenti internazionali ( e non solo) è spesso sostituita da un asterisco, e il termine donna è scomparso, a favore di definizioni come “persona con l’utero”, “persona con le mestruazioni”. Sono tendenze contestate da tanto mondo femminista e anche da una parte dell’area LGBT (per esempio Arcilesbica), che però restano marginalizzate nel dibattito pubblico, a partire dai convegni che quel pensiero celebrano, come anche accaduto recentemente nella nostra università perugina.

“Dare vita dà vita” è lo slogan di una iniziativa che tenta una risposta a tutto questo. Rigorosamente online, per via del Covid-19, sabato prossimo 27 marzo, nel pomeriggio (dalle 14.30 alle 17.30) decine di associazioni del volontariato italiano propongono a tutti di incontrarsi in rete per parlare e vedere e sentir parlare di vita nascente: “musica, interviste, storie e tanto altro per raccontare lo spettacolo della vita”, leggiamo nel sito dell’evento. Tanti gli ospiti – dal regista Pupi Avati all’economista Leonardo Becchetti – per un Festival che si pone come obiettivo quello di promuovere l’istituzione della data del 25 marzo come ricorrenza nazionale per riscoprire la bellezza della vita, della genitorialità e della natalità. Che il 25 marzo di ogni anno sia la Giornata Nazionale per la Vita Nascente: un primo, piccolo ma significativo cambio di passo per poter guardare avanti, per poter avere una concreta speranza per il futuro.

Una notizia  importante per chi sostiene la libertà di educazione Avvenire - 19 marzo 2021

Finalmente una “buona” notizia per le scuole paritarie: il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha messo la sua firma sul testo che definisce i criteri ed i parametri per l’assegnazione del contributo destinato alle scuole paritarie.

Per l’anno scolastico 2020/21 il finanziamento ammonta a 513.734.589 euro, fondi ormai stabilizzati, a cui vanno ad aggiungersi gli oltre 113 milioni di euro destinati a favorire l’inclusione di studentesse e studenti con disabilità.

L’assegnazione complessiva dunque ammonta a oltre 627 milioni di euro.

Interessante questa informazione del notiziario Cisf, che, tra l’altro, richiama la nostra attenzione sull’assegno unico familiare che dovrebbe partire a luglio
Interessante questo prospetto dei dati INPS: I fondi del bonus baby-sitter sono andati ai nonni
Il ruolo di nonni: scelta, non un dovere subito di Mariolina Ceriotti Migliarese, domenica 7 marzo 2021

Ricevo e commento questa lettera, che ruota intorno al ruolo dei nonni e al rapporto tra generazioni.

Cara dottoressa.
mia figlia ha da poco avuto il primo bambino e sono entrata nella schiera dei nonni. Io ho sempre lavorato, conciliando quattro gravidanze con un’attività professionale impegnativa e interessante, che prosegue tuttora anche se a ritmi più tranquilli. Me la sono cavata con l’aiuto di brave baby-sitter, che i nostri genitori ci aiutavano a finanziare. Mia figlia abita a pochi isolati da noi; ha un buon lavoro che riprenderà quando il piccolo compirà un anno e si aspetta da me un aiuto importante: vorrebbe che lo ritirassi dall’asilo alle quattro, per tenerlo fino all’ora del suo rientro. Dice che ora che sono più libera potrei concentrare la professione nelle ore del mattino e godermi il ruolo di nonna. Io mi sento in difficoltà: la verità è che vorrei dirle di no, ma non riesco ad avere chiaro se ho buoni motivi per farlo o se sono semplicemente un’egoista. L’idea di un impegno costante mi pesa; per tanti anni ho fatto i salti mortali tra i figli e il lavoro e ora vorrei godere un po’ di tranquillità; mio marito sta per andare in pensione e vorrei dedicargli più tempo. Che fare? Mi sento in colpa per questi pensieri…

In questo tempo in cui i nonni sono diventati sempre più indispensabili, mi sembra importante chiedersi qual è il compito di ciascuno e in che misura è dovuto l’aiuto di una generazione all’altra. Propongo dunque alcune riflessioni. La prima è questa: diventare nonni non dipende da noi, ma è un dono speciale; l’essenza del dono è che quel figlio, quella figlia, arrivino con la genitorialità a una pienezza nuova, che li rende più adulti, e ci dà testimonianza che il nostro compito di genitori è stato portato a termine con discreto successo. Da questo momento i nostri figli diventano educatori allo stesso titolo con cui lo siamo stati con loro: la responsabilità tocca a loro e noi dovremo rispettare le loro scelte, che andranno prese in accordo dalla coppia. Essere nonni vuol dire avere consapevolezza di questa posizione e accettarla. La seconda riflessione consegue alla prima: non abbiamo alcuna diretta responsabilità riguardo al nuovo nucleo familiare, ma continuiamo ad averne rispetto al nostro. Possono esserci altri figli e c’è comunque una coppia, che deve continuare ad alimentarsi e a crescere, affrontando una diversa fase della vita. La nostra più diretta responsabilità sta qui, e questo comporta adattamenti e reinvestimenti che nessuno a parte noi può decidere, come ad esempio la scelta se proseguire o meno un’attività professionale e in che forma. Non dobbiamo rinnegare la nostra vocazione, ma abbiamo ormai tutti gli strumenti per calibrare saggiamente gli investimenti, liberi dal peso di dover dimostrare qualcosa a qualcuno. Tra questi investimenti c’è anche il tempo da dedicare ai nipoti, tempo ricco e prezioso che va deciso con libertà e senza sensi di colpa. Una disponibilità superiore alle forze reali e data solo per timore di essere considerati cattivi genitori non mi pare la cosa più giusta. Ci sono molti modi per sostenere le nuove famiglie e non necessariamente il migliore è quello di impegnare tutti i pomeriggi; dobbiamo valutare serenamente le nostre risorse: la nostra piena libertà di dire le cose è garanzia anche della loro libertà, senza manipolazioni o aspettative inespresse e pericolose. Questo non significa sottrarsi all’aiuto tra generazioni: possiamo anche aiutare a pagare una baby-sitter; possiamo tenere i nipoti qualche sera o nel fine settimana perché i figli possano godere della loro vita di coppia; possiamo essere utili nelle vacanze estive: l’importante è che la disponibilità offerta corrisponda a una vera disponibilità interiore, che solo noi possiamo valutare in modo insindacabile. Il tempo con i nipoti sarà allora davvero un tempo bello perché liberamente scelto, e permetterà una relazione nella quale tutti avremo molto da guadagnare.

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Anche questo nuovo contributo di Migliarese è ricco di spunti
Fonte: Avvenire

Domenica, Gennaio 10, 2021

Perfetti imperfetti – È la famiglia il vero “luogo delle differenze” Mariolina Migliarese

Attaccata, criticata, derisa, la famiglia rimane qualcosa di cui non possiamo fare a meno, perché il cuore dell’uomo contiene un forte desiderio di appartenenza. Tutti abbiamo bisogno di sentire che siamo radicati in una storia, e la nostra famiglia, con tutte le sue difficoltà o difetti, rappresenta il luogo dal quale siamo partiti e che ha dato la prima, fondamentale impronta alla nostra personalità. La famiglia è un sistema complesso, che si sviluppa intorno a due assi: il rapporto di coppia e il rapporto che la coppia ha con le persone che nel tempo la precedono (i genitori) e che la seguono (i figli).

Ma la famiglia è anche il luogo dove si incontrano tutte insieme le principali differenze dell’umano: la differenza di sesso tra i genitori; la differenza di età e generazione tra figli, genitori e nonni; la differenza da affrontare perché proveniamo da due diverse famiglie di origine; la differenza di ruolo tra chi deve educare e chi venire educato.

La differenza in quanto tale è sempre causa possibile di incomprensione e conflitto, ma allo stesso tempo è anche ciò che porta vera novità: nuovo è lo sguardo che il maschile porta al femminile (e viceversa), nuovo ciò che il giovane porta all’anziano (e viceversa). Nuovo è ciò che le due famiglie di origine portano l’un all’altra; nuovo ciò che inizia quando si passa alla condizione di genitori e si deve trovare il proprio modo di educare.

La famiglia è dunque un sistema complesso e ricchissimo, luogo di amore e di cura, ma anche luogo nel quale il conflitto è inevitabile, perché la differenza comporta sempre anche la fatica di capirsi. Per essere luogo sicuro di appartenenza, la famiglia ha bisogno di definirsi nella stabilità: deve poter contare sui tempi lunghi, sul “per sempre” della promessa d’amore, sulla sicurezza protettiva del legame condiviso; solo questo è ciò che permette a ciascuno dei suoi membri di non temere il conflitto, ma di imparare piuttosto a gestirlo e a renderlo occasione feconda di crescita.

Così intesa, la famiglia è anche l’ambito privilegiato per favorire la crescita di personalità ricche

e capaci di buone relazioni. L’intelligenza di un figlio, la sua istruzione, le sue doti, non sono da sole sufficienti a farne una persona riuscita e nemmeno una persona felice, se non si ha cura di lavorare per lo sviluppo delle sue capacità umane; l’individualismo attuale, fonte di diffusa infelicità, ci ricorda che è necessario tornare a far crescere persone con un buon carattere, perché questa è la migliore garanzia di riuscita sia nel campo del lavoro che in quello dell’amore.

Un “buon carattere” è l’insieme di diverse capacità: saper assumere il punto di vista dell’altro; avere una visione positiva della vita e delle relazioni; conoscere il proprio valore ma anche i propri limiti; saper ricominciare; sviluppare pazienza e volontà.

Sono doti che rendono piacevole la vita insieme e che si possono apprendere nel normale vivere quotidiano; soprattutto se ci sono più figli, la famiglia è il contesto più prezioso per allenarle proprio perché si presenta come una società naturale nella quale si sperimentano e si devono superare anche asimmetrie, disuguaglianze e vere o presunte ingiustizie. Tutte queste piccole difficoltà e fatiche richiedono lo sviluppo di risorse e capacità di adattamento che ci insegnano a mediare, a fare la pace, a superare i conflitti.

Ci permettono di sperimentare che è necessario considerare punti di vista diversi dai nostri e che per essere capiti dobbiamo fare lo sforzo di spiegarci, senza pretendere una comprensione immediata.

La famiglia ci fa sentire che siamo unici, ma nello stesso tempo che non siamo il centro del mondo e ci aiuta a trovare il nostro valore senza sopravvalutarci, perché venire sopravvalutati, contrariamente a quello che si crede, non è fonte di forza ma di grandissima insicurezza.

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Se il Covid ha arrugginito il rapporto tra nonni e nipoti
Fondazione G.B Guzzetti

La Fondazione Guzzetti gestisce sei consultori liberi di ispirazione cristiana e fa parte delle Reti Generative. E’ un interessante gruppo  di convergenza di varie realtà e associazioni Cattoliche che hanno organizzato, in  tempi pre- pandemia, interessanti seminari e intendono continuare.  Alcuni della nostra Associazione vi hanno sempre partecipato (ne abbiamo parlato sul link Amici) .

L’articolo di questa pedagogista della Fondazione Guzzetti non è solo gratificante in quanto loda la nostra Associazione, ma è, soprattutto, uno sprone per il nostro impegno.

Se il Covid ha arrugginito il rapporto tra nonni e nipoti

di Daniela Frizzele

 4 Gennaio 2021

nipote e nonno

L’emergenza sanitaria ha proposto una radicale modifica delle modalità di frequentazione dei nonni con i propri figli e dei nonni con i nipoti: l’impatto affettivo e relazionale ha avuto ricadute su tutti i membri della famiglia allargata.

DAL PRIMO LOCKDOWN A NATALE – STRATEGIE PER DIRSI “TI VOGLIO BENE”

Inizialmente, nei primi mesi dell’emergenza sanitaria, sono prevalsi smarrimento e senso di vuoto, causati dall’imposizione della distanza fisica per non contagiare i nostri cari più anziani o affetti da serie patologie.

Successivamente le famiglie si sono riorganizzate per mantenere vivo e forte il legame nonni e nipoti, adottando modalità semplici ma significative, che hanno ridisegnato e ribadito l’affetto profondo. Ne cito alcune a titolo esemplificativo: i nipoti, che vivevano con i propri nonni in casa, hanno fortemente limitato i loro contatti sociali in via preventiva proprio quando era finito il primo lockdown. Altre esperienze familiari, non godendo di questa vicinanza, hanno potenziato i contatti nonni-nipoti sfruttando, in un primo tempo, la tecnologia, successivamente con una frequentazione in presenza, in spazi aperti o in spazi chiusi ma ben arieggiati. Non sono mancati reciproci doni, realizzati in casa e poi consegnati sulla porta, per regalarsi uno sguardo di reciproco interesse, così come saluti fatti dalle finestre o dai balconi per dirsi con semplicità ma autentico vigore: non possiamo stare in contatto fisico, ma ci ribadiamo contatto il nostro profondo legame affettivo.

COME RIAPRIRE I CANALI COMUNICATIVI

Nella fatica e nella distanza di questa emergenza sanitaria è fondamentale tornare a riflettere sull’importanza che hanno le relazioni familiari e come queste abbiano bisogno di nutrirsi di sguardi, parole, tempo dedicato, gesti di premura, scambio di doni. In questo senso faccio proprio fatica a pensare un’interruzione drastica e totale di questi scambi e dove questo si fosse verificato credo sia importante riaprire i canali comunicativi e recuperare questa brutta parentesi, questa grave sospensione.

UN ESERCIZIO DI VISUALIZZAZIONE

Spesso nel mio lavoro, che è in gran parte dedicato alla cura delle relazioni, mi piace aiutare le persone a visualizzare i propri legami e a capirne l’importanza.
Cari lettori, che ora mi leggete, desidero proporvi una semplice visualizzazione: la faccio fare spesso nei percorsi educativi che rivolgo ai bambini che incontro e talvolta anche alle persone adulte in specifici corsi di formazione.
Per realizzare la rappresentazione chiamo un bambino, che volontariamente nel gruppo si presta all’esercitazione, e gli dico di immaginare di avere nella mano dei fili bellissimi e colorati, fili molto potenti e quindi capaci di raggiungere tutte le persone che gli stanno a cuore.
Poi mi fermo, attendendo la sua attenzione e gli chiedo: “Li vedi nella tua mano?”.
Con un pizzico di incertezza risponde di sì.
Allora gli dico: “Prendi un filo colorato e dimmi di che colore è”.
Il bambino prende coraggio, dando spazio alla sua fantasia e immaginazione, e prontamente risponde: “Giallo!”.
“Bellissimo!” esclamo io e continuo: “Questo filo giallo ha il potere di raggiungere in questo momento una persona che ti sta a cuore, che sta proprio qui nel tuo cuore” e poso la mia mano sul suo petto.
Così giochiamo e ci prendiamo gusto, finché il bambino ha nominato le persone che appartengono alla sua rete familiare e amicale. Nella mia esperienza ho sentito citare certamente i genitori, i nonni, qualche fratello (questo dipende dalla qualità dei loro litigi!), gli amici, altri parenti e la maestra.

IL GIOCO DEI FILI CHE ARRIVANO FINO AL CIELO

Quel che mi ha sempre colpito è che i bambini, nel fare il gioco, capivano sempre meglio che i fili, dato che erano molto potenti, potevano superare spazio e tempo per raggiungere persone che non erano presenti nella stanza e si trovavano in quel momento distanti, magari anche molto lontani, addirittura in altre città o in altri Paesi nel mondo. Questo capitava spesso in riferimento ai nonni magari originari di altre regioni e amici che non abitavano più a Milano perché si erano trasferiti altrove.
In alcune situazioni, ma non rare, il bambino si fermava un attimo a pensare, poi chiedeva il mio consenso a far partire un filo coloratissimo e straordinario per raggiungere in Cielo un nonno che era morto mesi o anni prima. Sono grata a questi bambini perché in modo spontaneo ci hanno confermato quanto sia importante il legame nonni-nipoti, un legame che resta vivo anche dopo la morte, perché fatto di esperienze vissute, ricordi, messaggi, insegnamenti di vita. Alla fine della rappresentazione dicevo a tutto il gruppo di bambini di pensare bene alla rete di fili colorati che ciascuno ha intorno a sé e di considerarla come una rete fondamentale che consente di stare bene, di crescere e orientarsi nella vita. Questa trama di relazioni sta ad ogni persona come la ragnatela sta al suo ragno: è vitale, è fonte di sostegno e nutrimento.

COME FARE PER NON SPEZZARE IL FILO

nipote e nonnoSicuramente l’emergenza sanitaria ha modificato la trama, ma non è bene che spezzi alcun filo: questa continuità è auspicabile sia per i più piccoli quanto per i nonni stessi. Con le precauzioni del caso, continuiamo a incrociare lo sguardo sapiente dei nostri nonni, a stringere le loro mani vissute, ad ascoltare la voce carica di bene per i loro bambini e ragazzi. Se oggi non c’è spensieratezza nell’avvicinare i nonni, piuttosto prudenza e creatività nel dirsi il bene che ci si vuole, il legame è custodito.

Colgo l’occasione per ringraziare un’Associazione amica, quella dei Nonni 2.0, e per farla conoscere ai lettori perché la presenza dei nonni non solo è importante in famiglia, ma nella società tutta. Visitando il loro sito www.nonniduepuntozero.eu possiamo scoprire quanto prezioso sia il loro ruolo e innumerevoli i contributi su più fronti. Cito alcune frasi del loro manifesto, perché sono di forza e speranza straordinarie anche nel contesto attuale: “Nel mondo in cui viviamo i nonni, custodi della memoria, sono più che mai chiamati a essere attivi testimoni delle virtù e delle esperienze che, alla prova del tempo e della vita si sono dimostrate utili e valide per affrontare le sfide personali e sociali del tempo presente”.

Daniela Frizzele
Daniela Frizzele, pedagogista di Fondazione Guzzetti
Interessante contributo presente nella rivista on line Formiche

Longevità come minaccia o valore? L’analisi di Mastrolitto e Scanagatta

Di Domenico Mastrolitto e Giovanni Scanagatta | 03/01/2021

Fomiche on line

Dobbiamo considerare la longevità non come un peso ma come una risorsa per lo sviluppo solidale del Paese, in una visione di collegamento intergenerazionale con i giovani che possono trarre dagli anziani il grande dono dell’esperienza, restituendo loro l’entusiasmo e la creatività per un mondo migliore. L’analisi di Domenico Mastrolitto, direttore generale Campus Bio-Medico SpA, e Giovanni Scanagatta, docente Politica Economica e Monetaria Università“Sapienza” Roma

Ha fatto molta impressione il fatto che in alcuni Paesi del Nord Europa si sia affermato che di fronte al coronavirus che ha colpito persone giovani e persone anziane si abbia deciso per la terapia intensiva a favore delle persone con maggiore probabilità di sopravvivenza. I sistemi sanitari non dovrebbero mai trovarsi di fronte a questa terribile scelta, per carenza di investimenti in risorse personali e strumentali, perché tutte le persone hanno pari dignità di assistenza sanitaria indipendentemente dall’età.

La nostra Costituzione è molto chiara a questo riguardo. All’articolo 32 si legge infatti: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Naturalmente è importante la struttura per età ai fini dell’analisi dell’incidenza dei decessi per coronavirus nei diversi Paesi. Se facciamo riferimento a Cina, Stati Uniti, Germania, Francia e Italia nel 2020, troviamo differenze molto significative. In Cina, l’incidenza delle persone con 65 anni e oltre è pari al 12,3% del totale; il 16,9% negli Stati Uniti d’America, il 20,5% in Francia, il 22,1% in Italia e il 23% in Germania.

Questi dati appaiono coerenti con gli effetti del coronavirus in Italia nel 2020. I casi di infezione in Italia rappresentano il 2,5% del totale mondiale, il 3,1% dei guariti e il 4,1% dei decessi. D’altra parte, nel nostro Paese il rapporto tra decessi e casi totali di infezione è pari al 3,5%, rispetto al 2,2% a livello mondiale. L’Italia ha una struttura per età mediamente più vecchia rispetto agli altri Paesi e quindi la probabilità di morte per coronavirus è superiore per la compresenza di altre patologie. I 71.359 decessi dell’Italia nel 2020 corrispondono ad una città di medie dimensioni. Naturalmente, quanto più alti sono i decessi per coronavirus, soprattutto nelle età più avanzate, maggiore sarà la modifica della piramide demografica, con un allargamento della base e con conseguenze economiche sui sistemi previdenziali e assistenziali.

Ma vediamo ora di approfondire la relazione tra le dinamiche demografiche nei cinque Paesi che abbiamo considerato e l’incidenza nel 2020 delle persone con 65 anni e oltre. Nel 2011 la Cina ha mostrato un tasso di crescita annuo della popolazione dello 0,46% che scende allo 0,30% nel 2020. Gli Stati Uniti mostrano, nei dieci anni considerati, una diminuzione del tasso annuo di crescita della popolazione dallo 0,73 allo 0,71%. La Germania mostra addirittura sia nel 2011 che nel 2020 una decrescita della popolazione: rispettivamente -0,21 e -0,20%. La Francia scende dallo 0,52 allo 0,34 % e l’Italia dallo 0,42 allo 0,09%. Pertanto, con riferimento al 2020, i Paesi che mostrano il maggiore tasso di crescita della popolazione sono gli Stati Uniti d’America e la Francia. In posizione intermedia si colloca la Cina, mentre in coda si posizionano la Germania e l’Italia. Per questi ultimi due Paesi, è pertanto fondamentale la politica delle migrazioni per assicurare le risorse umane necessarie per la crescita del reddito e delle esportazioni. Possiamo dire che la Germania ha capito bene da anni questo problema e lo sta affrontando in modo efficace e ben organizzato. Non altrettanto possiamo dire per l’Italia che lo sta affrontando in maniera molto ondivaga e non con l’organizzazione tipica dei tedeschi.

Chiediamoci ora se esiste una relazione tra la variazione del tasso di crescita della popolazione nei cinque Paesi considerati e l’incidenza delle persone con 65 anni e oltre alla fine del periodo. Mettiamo per questo a confronto la variazione del tasso annuo di crescita della popolazione tra il 2011 e il 2020 e il peso delle persone con 65 anni e oltre nell’anno 2020 nei cinque Paesi considerati. La relazione tra le due variabili risulta leggermente negativa (-0,07) e ciò significa che, in generale, ad un aumento maggiore della popolazione corrisponde un’incidenza minore delle persone con 65 anni e oltre. Pertanto i Paesi con bassa crescita della popolazione sarebbero più esposti all’infezione del coronavirus e registrerebbero tassi più elevati dei decessi.

Riportiamo qui di seguito il grafico con i due andamenti della variazione tra il 2011 e il 2020 del tasso di crescita della popolazione, moltiplicata per 100, e dell’incidenza delle persone con 65 anni e oltre nel 2020 nei cinque Paesi considerati.

Grafico - Formiche online

È significativo, inoltre, che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, abbia voluto ricordare come la pandemia ha seminato un senso di smarrimento ponendo in discussione prospettive di vita. Ha rievocato la previsione di un calo ulteriore delle nascite, spia dell’incertezza che il virus ha insinuato nella nostra comunità, con un invito a riconoscere e affrontare questa realtà.

Terminiamo queste nostre considerazioni con alcune previsioni demografiche al 2040 del nostro Paese. Oggi abbiamo poco meno di 14 milioni di persone con 65 anni e oltre. Fra 20 anni ne avremo 4,5 milioni in più, con un’incidenza sulla popolazione complessiva intorno ad un terzo. La terza e la quarta età diventeranno pertanto sempre più protagoniste della nostra società Il problema può essere affrontato in due modi sostanzialmente opposti. Si tratta di due paradigmi della longevità: la longevità considerata come un ingombrante fardello di cui occorre in qualche modo ridurne il peso; oppure la longevità valorizzata come una risorsa per l’intera società, in una visione di tipo intergenerazionale. Il settore privato può svolgere un importante ruolo in questo settore, come possiamo vedere in alcuni casi di eccellenza, in spirito di sussidiarietà coniugando la centralità della persona umana con i criteri dell’efficienza economica e organizzativa. Queste strutture possono essere anche un ottimo sostegno per l’accoglienza degli anziani in ambito familiare, grazie anche alle grandi potenzialità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Secondo alcuni studi accurati, la prospettiva nei prossimi 20 anni della dinamica demografica degli anziani può essere riassunta nei seguenti punti: a) un aumento del 50% delle persone con più di 70 anni; b) un raddoppio degli anziani con più di 90 anni; c) un aumento degli anziani coniugati rispetto ad una sostanziale stabilità di quelli non coniugati; d) un aumento degli anziani istruiti e in buone condizioni economiche.

Quest’ultima tendenza, conferma il fatto che dobbiamo considerare la longevità non come un peso ma come una risorsa per lo sviluppo solidale del Paese, in una visione di collegamento intergenerazionale con i giovani che possono trarre dagli anziani il grande dono dell’esperienza, restituendo loro l’entusiasmo e la creatività per un mondo migliore.

Questa visione è sostenuta in modo mirabile dalla Dottrina Sociale della Chiesa e, in particolare, da Giovanni Paolo II e da Papa Francesco. Giovanni Paolo II nella lettera agli anziani del 1° ottobre 1999 affermava che “onorare gli anziani comporta un triplice dovere verso di loro: l’accoglienza, l’assistenza, la valorizzazione delle loro qualità”. Papa Francesco nell’udienza agli anziani del 16 dicembre 2019 ha usato le seguenti parole. “Le persone anziane, sul piano sociale, non vanno considerate come un peso, ma per quello che sono veramente, cioè una risorsa e una ricchezza. Sono la memoria di un popolo!”.

Trasformare l’emergenza Covid-19 in una buona occasione...

Trasformare l’emergenza Covid-19 in una buona occasione per riscoprire gli anziani sempre più come risorsa per sé stessi e per tutti

Bruxelles. Le proposte della COMECE e della FAFCE e il contributo della nostra Associazione

 “Le persone anziane sono un dono e una risorsa”. Perciò non è giusto né conveniente prenderle in considerazione come se fossero solo un problema nonchè gruppo specifico e separato dall’insieme sociale cui appartengono: è questo il leit motiv del documento dal titolo «L’anziano e il futuro dell’Europa» pubblicato congiuntamente lo scorso 3 dicembre a Bruxelles, dove entrambe hanno sede, dalla Commissione delle Conferenze Episcopali dei paesi dell’Unione Europea (COMECE) e dalla Federazione delle Associazioni familiari cattoliche europee (FAFCE). A quest’ultima partecipa anche l’Associazione Nonni2.0 che all’elaborazione del documento ha contribuito con idee e con proposte di cui nel suo testo si trovano ampie tracce.

Come hanno sottolineato i segretari generali delle due organizzazioni, la crisi del Covid-19 può venire trasformata “in un’opportunità per cambiare modelli e ripensare l’età avanzata.”.

Il documento fa seguito alla pubblicazione da parte della Commissione Europea di un «Rapporto sull’impatto del cambiamento demografico» (Report on the Impact of Demographic Change) ed è inteso come un contributo al «Libro verde sull’invecchiamento» (Green Paper on Aging), che la Commissione prevede di pubblicare nel 2021.

Con il documento  — il cui titolo completo è «L’anziano e il futuro dell’Europa: solidarietà inter-generazionale e cura nell’epoca del cambiamento demografico» (The Elderly and the Future of Europe: Intergenerational solidarity and care in times of demographic change) – la COMECE e la FAFCE intendono sollecitare le istituzioni  dell’Ue e gli Stati membri  a ripensare appunto il ruolo dei più anziani  nell’attuale situazione di declino demografico del nostro Continente (come peraltro di tante altre parti del mondo) e nel contesto della pandemia del Covid-19.

“Gli anziani sono parte integrante della famiglia, sorgente di aiuto e incoraggiamento per le nuove generazioni”. “Essi non possono essere considerati separatamente dalla società e dalle reti relazionali” cita il documento, evidenziando che gli anziani non sono soltanto persone fisicamente più fragili ma anche attori dinamici nella vita sociale.

L’attuale pandemia del COVID-19 ha fatto emergere fragilità nascoste nella nostra società con anziani spesso relegati ai margini della vita corrente. Ha fatto però anche riscoprire quale e quanto aiuto gli anziani attivi possono dare alle loro famiglie e alla società in un’epoca come la nostra. Secondo la FAFCE e la COMECE è ora pertanto di riconoscere, di facilitare e di promuovere il ruolo cruciale dell’anziano nella vita della comunità, peraltro ricuperandolo a funzioni familiari e sociali che seppur in altre forme già aveva nella società pre-industriale.

Tale documento chiede ai governi nazionali di utilizzare le risorse del Recovery Plan per investimenti volti da un lato ad agevolare la vita quotidiana dei più anziani e dall’altra a facilitare la loro presenza attiva nella famiglia e nella società.

«L’anziano e il futuro dell’Europa» è stato pensato come un punto di partenza per una discussione più approfondita sul tema, che l’anno prossimo dovrebbe sfociare anche in webinar ossia in un seminario internazionale a distanza tramite Skype, Zoom o altri strumenti del genere. Pubblichiamo qui di seguito il documento in una nostra traduzione in italiano cui segue ad abunantiam pure copia dell’originale in inglese

Invitiamo tutti i nostri soci e simpatizzanti a leggerlo per poter poi essere parte attiva in momenti di lavoro comune in cui elaborare ulteriori osservazioni, idee e proposte in sede FAFCE a nome dei Nonni2.0

PDF PDF di COMECE e FAFCE (italiano)
PDF PDF di COMECE e FAFCE (inglese)
La famiglia, una traccia da cui si può partire di Mariolina Migliarese

Breve ma pregnante la riflessione sulla centralità della famiglia e sulla consapevolezza che ne hanno i nonni nel seguente articolo di Mariolina Migliarese che segnaliamo:

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La sintesi dei principali interventi degli Stati generali della Famiglia da parte della Regione Lombardia

Qui è riportata la sintesi dei principali interventi:

Riceviamo da Costanza Marzotto note informative dell’importante avvenimento del 14 dicembre, cioè la convocazione degli Stati generali della Famiglia da parte della Regione Lombardia in vista della riscrittura delle L. 23/1999, webinar organizzato dall’Assessorato alle Politiche per la Famiglia, Genitorialità e Pari Opportunità.   

Dopo l’apertura dell’Assessore Piani, ha parlato la Ministra Bonetti ed ha presentato il “Family Act” alla cui redazione ha partecipato il Centro di Ateneo di Studi sulla Famiglia. 

Poi ha preso la parola Alessandro Fermi del “Laboratorio delle idee sulla famiglia” segnalando i problemi dei genitori separati, e illustrando le misure adottate dalla Regione in questi mesi di pandemia.   

È poi intervenuto il prof. Anolli, Magnifico Rettore dell’Università Cattolica di Milano sull’opportunità di rivedere la L. 23/1999, alla cui redazione allora partecipò già la nostra Università, e confermando la disponibilità a collaborare alla stesura della nuova legge sulla famiglia. In particolare, ha ricordato che in UC abbiamo dal 1976 il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, diretto dapprima da Eugenia Scabini, poi da Giovanna Rossi e oggi da Camillo Regalia. 

Il contributo dell’UC è interdisciplinare e ha già visto la Regione e l’UC impegnati nella ricerca sul “Family Impact” (gli effetti sulle famiglie delle norme regionali) e nuovamente ha messo a disposizione la collaborazione dell’UC. per una nuova ricerca-azione. Ha poi salutato espressamente la Bonetti dicendo che anche con lei l’UC collabora per l’Osservatorio sulla famiglia, e l’Osservatorio sull’infanzia e l’adolescenza! Ha anche ricordato che nel “Position Paper” si evidenzia la criticità in questi tempi sia per la famiglia che per l’economia… Ha precisato che la famiglia deve essere al centro dell’attenzione delle politiche sociali e non più solo destinataria di un’integrazione nel Welfare State; la famiglia va sostenuta anche per il ruolo fondamentale nel periodo di pandemia (cita le ricerche internazionali a cui il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia collabora, vedi il sito)

A nome dell’arcivescovo Del Pini, ha parlato Monsignor Luca Bressan, che con molta cura ha riportato alcune frasi peculiari dell’arcivescovo, come “l’emergenza spirituale”, la preghiera dell’Avvento alle 20.32 con le famiglie, ecc. Ha definito la fragilità familiare nei casi di separazione e di figli con disabilità.  Ha poi ricordato che la Diocesi da tempo ha istituito il “Fondo Famiglia Lavoro”.  

Il moderatore, il giornalista Fabio Benati dell’ufficio stampa regionale, molto costruttivo nel dare la parola e commentare, ha letto il messaggio della responsabile della Commissione Ministeriale “Infanzia e adolescenza” Licia Ronzulli, non presente, che ha ricordato la questione della conciliazione famiglia /lavoro  e l’influenza dello smart working sulla vita delle donne;  ha poi citato una ricerca della sua commissione sulla violenza intra-familiare, e ha auspicato un lavoro sempre più attivo dei servizi sociali.  

È’ intervenuto il governatore regionale Attilio Fontana ricordando i fondi della Regione Lombardia a sostegno delle imprese, ecc.  

A nome della Commissione Infanzia e adolescenza ha preso la parola il Senatore Pillon citando una ricerca svedese che sostiene che il Covid “finalmente ci toglierà di mezzo la famiglia” e ha fatto un attacco alla ideologia del gender. A proposito dell’Assegno Unico che entrerà in vigore il 1 luglio 2021, ha evidenziato che potrebbe portare alcune famiglie a prendere meno di quello che attualmente ricevono. Ha anche sostenuto che l’assegno è una misura “assistenziale”, ma quello che va previsto è un’equità fiscale. Ha richiesto un sostegno alla natalità e al III figlio e un investimento nel sostegno alla formazione della coppia genitoriale. Ha accennato anche all’incremento di percorsi di conciliazione per le copie separate e una linea contraria al collocamento dei figli fuori dalle famiglie d’origine (mai più Bibbiano). 

Poi ha parlato Alessandro Galimberti presidente dell’Ordine dei giornalisti sulla funzione educativa della stampa, poco favorevole alla famiglia.  Ha citato la ricerca che riporta che l’80% dei giovani ritiene la famiglia all’origine della propria identità, ma questo fattore è ignorato dai giornalisti.  Ha ricordato come l’allarme per la denatalità non possa riempito dai migranti e ha citato altri paesi dove si sostengono maggiormente i giovani nel progetto di fare famiglia.  

A seguire Gigi de Palo, presidente delle Associazioni Familiari: “senza la famiglia crolla tutto”. si è schierato a favore della Ministra Bonetti e del CAV, che con il Progetto GEMMA sostiene le donne nella scelta di non abortire (cita 209 casi in questi mesi), e invita i politici ad usare i soldi del Recovery Fund a sostegno della natalità.  

Il prof. Giancarlo Blangiardo, direttore dell’ISTAT ha fatto una ricca relazione con slides sui dati sulla denatalità portata dal Covid, in analogia a quanto successe per la paura dopo Cernobil nel 1986, sulla diminuzione dei matrimoni, che ha visto come fattore di una mancanza di progetto sui figli. Relazione molto interessante su dati ISTAT reperibili anche sul loro sito.  

In chiusura l’Assessore Silvia Piani ha ribadito il progetto di riformare la L.23/1999 tenendo presenti le nuove esigenze delle famiglie lombarde, che proseguirà con tavoli tematici di lavoro a cui parteciperanno anche altri soggetti della comunità civile. Ha citato le misure per i nidi gratis della Regione Lombardia (ne hanno beneficiato nel 2020, 15mila famiglia, per un costo di 50 milioni di euro). Ha ricordato la collaborazione con la Università Cattolica, e la ricerca del Centro di Ateneo di Studi e Ricerche sulla Famiglia sul “Family Impact” e su “Famiglia e Covid”, e ha auspicato un dialogo con le Associazioni Familiari, le aziende e i sindacati.

Per chi vuole ascoltare per intero l’evento: