LE TESI

Tesi programmatiche che, con il trascorrere del tempo e con le esperienze fatte, sono venute ad arricchire il programma dell’Associazione e ad orientare le sue attività.

Prendere coscienza del vero obiettivo della campagna contro la “discriminazione di genere” e trarne le debite conseguenze

Dimentichi di essere stati creati, troppo spesso gli uomini e le donne di oggi, credono di essere essi stessi Dio. Quindi di poter disporre di sé e di tutto secondo loro criteri parziali, interessati e sempre ideologici. Non di rado, ergendosi a “padroni del mondo” ritengono di poter eludere tale basilare principio.

Soprattutto nei Paesi occidentali questo modo di vedere le cose sta portando a conseguenze aberranti e lontane da ogni buon senso; a misure che, sotto l’ombra ipocrita di un astratto umanitarismo, colpiscono alla radice la struttura stessa della persona e quella di una convivenza umana che ha le sue radici in millenni di storia.

E’ un problema da cui non ci si può sbarazzare con un “sì” rassegnato. Nei limiti delle nostre forze, ma anche con fermezza, siamo tutti chiamati a una presenza vigile e attiva sulla scena della vita pubblica del nostro Paese. Siamo di fronte a un movimento caratterizzato da un susseguirsi di ondate ognuna delle quali va avvistata e contrastata tempestivamente.

In questo momento è in particolare la volta di una campagna internazionale contro la “discriminazione di genere” dietro la quale si nasconde un attacco alla vita e alla famiglia nella disattenzione pressoché generale e nell’indifferenza del mondo politico e della stampa.

Sullo spunto di questo stato di cose ci siamo associati per dare forma a una presenza pubblica e a una resistenza civile che peraltro non intendono fermarsi qui, ma proseguire toccando ogni altro ambito della crisi di civiltà che stiamo patendo.

Aprile 2014

L’urgenza di far comprendere il ruolo fondamentale della libertà di educazione, e perciò di mobilitarsi perché venga finalmente attuata anche in Italia

Per l’amore che ci lega ai nostri nipoti vogliamo far sentire alta la nostra voce e dire:
Sì alla tradizione più nobile della nostra civiltà occidentale così tipicamente caratterizzata delle sue radici cristiane.
No alla tirannia delle ideologie che vorrebbero far tacere per legge ogni diversa opinione.
Per sostenere perciò un’educazione libera, nel pieno rispetto di ogni persona.
Per questo intendiamo mettere in atto un’azione la più capillare possibile che tenda a:

  1. riaffermare la funzione essenziale e insostituibile della famiglia basata sul diritto naturale, così come definita dall’art. 29 della Costituzione italiana;
  2. chiedere che venga attuata una politica che assicuri alla famiglia di poter svolgere tutte le funzioni attribuitele dall’art. 30 e seguenti della stessa Costituzione;
  3. informare i cittadini italiani circa ciò che sta accadendo spesso a loro insaputa e che costituisce un attacco ai principi basilari di ogni convivenza umana, fondato sull’inganno che vuol far passare per “vittime” da difendere gli ideologi di una nuova dittatura;
  4. erigere una salda difesa affinché non venga travolto e sepolto il principio della libertà di educazione, che vede nella famiglia il soggetto primario e ineludibile;
  5. impedire che particolarmente nella scuola venga introdotta una ideologia totalitaria che contraddice i principi di realtà, natura e ragione.

Aprile 2014

Nonni 2.0: Famiglia e società

Intendiamo lavorare e collaborare con tutti coloro, singoli e associati, che condividono il compito di difendere la libertà di educazione, per educare alla libertà di aderire al vero e al bello della realtà, in modo da formare persone forti e capaci di contribuire alla affermazione della “civiltà dell’amore”.

Dopo un anno mezzo di esperienza, possiamo confermare la positività dell’intuizione iniziale sintetizzata nel nostro MANIFESTO e la fecondità di un pensiero e di una saggezza che il tempo – grande risorsa di ogni creatura umana – ha fatto crescere, anziché affievolire.

Sulla base dell’esperienza e delle cose fatte allarghiamo gli orizzonti del nostro impegno a tutto ciò che interessa famiglia, educazione, scuola, situazione economica ed abitativa, spazi di libertà, oppressioni: cioè a tutto ciò che riguarda una vita vera, umana e dignitosa. Su tutto i nonni, per definizione e per esperienza, hanno qualcosa da dire ed un pensiero da trasmettere.

Lungi dalla nostra condizione di “senior” stimola la nostra responsabilità verso tutti gli altri e verso tutti gli aspetti della vita. Il tempo che abbiamo trascorso non è un nemico, ma un amico che ci abilita ad intervenire in modo non convenzionale e non asservito al potere, che ci vorrebbe solo “assistere”, appiattendo la nostra età.

Settembre 2015

La presenza e la testimonianza degli anziani, risorsa essenziale per la libertà di un popolo

“Il guaio per coloro che non conoscono il passato è di non conoscere nemmeno il presente”; “L’uomo sulle soglie della vecchiaia ha fatto l’abitudine alle necessità elementari… l’uomo buono diventa più semplice via via che invecchia”; (Gilbert K. Chesterton).

Più che mai in un tempo come il nostro in cui il potere (oggi non solo politico, ma in primo luogo mediatico) censura l’esperienza e la memoria, ossia il fondamentale presidio della libertà di un popolo. La testimonianza dei più anziani, custodi della memoria, è perciò una risorsa importante non solo per i loro nipoti ma per tutti. In questo spirito ricordiamo che la nostra Associazione è aperta per statuto non solo ai nonni in senso fisico ed anagrafico ma a tutti coloro che, condividendone gli scopi, hanno più di sessantacinque anni. Riaffermiamo che il criterio di iscrizione e di appartenenza all’associazione è dato dalla senioritas. Le nostre porte sono cioè aperte alle donne e agli uomini che non intendono sprecare la propria vita anche nel momento della massima maturità.

Settembre 2015

Crisi dell’economia, ma prima ancora crisi della libertà.
La situazione e quello che si può fare

La situazione

Si continua a parlare oggi della perdurante crisi economica, che non è solo italiana ma internazionale, anche se di rado si arriva a indicarne la causa profonda ossia il crescente enorme divario tra lo sviluppo del Nord e quello del Sud del mondo. É in ultima analisi a causa di esso infatti che le economie più sviluppate sono sempre più alle prese con un eccesso di liquidità che non trova impiego. Si parla invece poco o niente di quello che, insieme alla crisi economica, è l’altro problema pubblico capitale del nostro tempo, ossia la crisi della libertà.

Si sta imponendo un pensiero unico, che è una vera e propria nuova dittatura. Un po’ dappertutto nelle democrazie occidentali solo ciò che rientra in quello che si può appunto definire come pensiero unico ha piena cittadinanza e assoluta prevalenza sulla scena pubblica, e in particolare sulla scena mediatica. Su un numero sempre crescente di questioni fondamentali il dibattito è chiuso. Il disaccordo con ciò che contraddice il pensiero unico viene spacciato come odio. Se, ad esempio, sono contrario all’idea dell’equivalenza tra sessualità secondo natura e omosessualità anche se non odio affatto gli omosessuali sono obiettivamente “omofobo”. Per spazzare via l’odio dalla società occorre quindi farmi tacere. Così in nome di una presunta libertà si cammina verso la tirannide.

Ecco un elenco, non esauriente, di alcune grandi questioni su cui a norma del pensiero unico il dibattito è chiuso: il ruolo della presenza dell’uomo nell’ambiente, l’origine e l’entità dell’attuale fase di riscaldamento della Terra, la legalizzazione dell’aborto, la legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia, la politica riguardo alle migrazioni irregolari di massa, i caratteri specifici della famiglia, il maschile e il femminile. Non è vietato (ma fino a quando?) avere al riguardo opinioni diverse da quelle fissate dal pensiero unico, ma non si troverà alcun grande giornale, telegiornale o “talk-show” televisivo in cui posizioni del genere si possano spiegare e proporre su un piano di parità rispetto alle posizioni opposte.

Il pensiero unico è dunque qualcosa di complesso e di sistemico che influenza in modo determinante il contesto sociale e politico. È pur vero che in ogni aggregato sociale si forma sempre una mentalità comune che ne orienta e ne condiziona la vita. Il fatto nuovo che però oggi caratterizza le società democratiche occidentali è il contrasto paradossale tra un accentuato pluralismo di opinioni, valori, culture, di cui esse vanno fiere, e un simultaneo tentativo di condizionare, anzi di pilotare e ridurre il più possibile tale pluralismo. Si punta insomma non al bene comune bensì a un’omogeneità coatta che oggi i media possono modellare molto più facilmente di un tempo.

Viene così messo in pericolo il valore stesso della “laicità” dello Stato, che nel suo più autentico significato consiste nell’equidistanza di principio dei poteri pubblici nei confronti di tutte le forze sociali e le presenze culturali di un Paese; non nell’ufficializzazione di alcune e nell’emarginazione di altre.

Che cosa allora si può fare?  Il problema è serio. Perciò non può essere risolto semplicemente con dei “no”. Occorre invece affrontarne i presupposti, ossia l’individualismo e la concezione tecnocratica del potere che ne stanno alla base, e riaprire positivamente la grande e irrisolta questione della costruzione dal basso e del governo dall’alto della società civile.

Quello che si può fare

In tale prospettiva si tratta a nostro avviso di:

  1. favorire la consapevolezza del fenomeno. Una consapevolezza oggi resa difficile dalla pressione psicologica della mentalità comune in atto e da una visione delle cose imposta dai media che attenua la percezione della complessità del reale.
  2. favorire l’incontro con realtà comunitarie, che aiutino i singoli a sottrarsi al risucchio individualista; nelle quali le parole possano diventare esperienza e quindi interesse per la vita storica e convinzione circa il senso umano del vivere e della società.
  3. favorire la conoscenza e l’incontro con casi esemplari di realtà positiva.
  4. Tener conto dell’attuale “stanchezza della ragione” e provvedere a una formazione personalizzata dell’intelligenza, cercando di ovviare all’impostazione caleidoscopica della mente secondo la (in)cultura diffusa e il conseguente “vuoto di pensiero”; curare la capacità di elaborazione di giudizi sulle provocazioni della cronaca, su linguaggi, fatti, situazioni; sull’idea stessa di libertà e di società; e così via.

Solo un’esistenza condivisa in opere e in cultura è in grado di affrontare una situazione così “governata”, come quella a cui ci riferiamo.

Il primo ambito di resistenza e di alternativa alla situazione è la famiglia, se non è isolata e se i genitori non abdicano al loro compito di primi educatori dei figli. È perciò importante che i genitori non si lascino paralizzare da un complesso d’inferiorità rispetto alla mentalità comune lasciando così i figli senza punti di riferimento chiari, e privi della testimonianza esplicita e vissuta di giudizi alternativi.

La scuola dovrebbe poi educare a una capacità di giudizio aggiornato e critico invece di essere, come oggi purtroppo sempre più accade, uno dei primi megafoni del pensiero unico.

Ottobre 2019

Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atrii del nostro Dio.
Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore: mia roccia, in Lui non c’è ingiustizia.
(Salmo 91 versetti 13-18)